The Wombats, il report del concerto a Roma del 2 aprile 2015

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Il primo concerto italiano del “Glitterbug Tour” dei The Wombats ha avuto luogo il 2 aprile 2015 all’Orion Club di Ciampino (Roma). Per i tre scousers (due originali e uno adottivo) si tratta del ritorno nello Stivale dopo quasi tre anni e mezzo, con la data capitolina che precede di 11 giorni la pubblicazione del terzo album in studio, “Glitterbug“, del quale sono già state pubblicate ufficialmente quattro canzoni e altrettante sono state proposte nelle varie esibizioni. Per i fan, dunque, l’attesa per il concerto si è sovrapposta a quella per il disco.

L’apertura della serata è affidata ai romani The Wer, che giocando in casa possono contare sul supporto di diverse persone tra il pubblico, e la loro esibizione intrattiene in modo convincente i presenti.

Sono passate da poco le 22:15 quando Dan, Tord e Murph guadagnano il palco e aprono il concerto con “Your Body Is a Weapon”, isolato singolo dell’ottobre 2013 che sarà contenuto in “Glitterbug”, e l’esibizione si fa subito travolgente: Tord inizia immediatamente le sue tipiche corse sul palco con il basso, Dan è un martello dietro la batteria e Murph, diviso tra voce, chitarre e sintetizzatori, esalta tutto quanto al massimo: i The Wombats mettono in chiaro che non faranno prigionieri.

Sull’inno “Jump into the Fog” l’entusiasmo cresce ancora e nonostante i ritmi ballabili ma non elevati la folla fatica a tenere in gabbia la sua voglia di pogo; a rompere definitivamente i lucchetti ci pensa “Moving to New York” e dopo tre brani l’Orion è già scoperchiato. Quello che accade dopo è un alternarsi, come previsto, di brani vecchi e nuovi, in mezzo ai quali la band inserisce brevi pezzi strumentali che fanno da pretesto a momenti comici; i fan, comprensibilmente, sui brani inediti sono più propensi ad ascoltare che a farsi trascinare ma le nuove canzoni hanno comunque un buon impatto.

“Techno Fan” crea un tornado in sala e il vortice prosegue con la veloce “English Summer”, altro brano inedito di “Glitterbug”. L’unico vero momento di quiete arriva sulla dolce ballad “Little Miss Pipedream”, durante la quale il pubblico, pur senza scatenarsi, si trova estremamente coinvolto. La tregua dura giusto il tempo di una canzone, perché i tre marsupiali passano da 0 a 100 in un secondo, con la breve e velocissima “Kill the Director”, che si conclude con il verso “This is no Bridget Jones” gridato in loop da tutti i presenti. Prima della pausa per l’encore, arrivano “Give Me a Try”, ultimo singolo pubblicato ma già ben assimilato da molti fan, e la più classica “Tokyo (Vampires and Wolves)”.

L’intervallo dura poco, la band rientra ed esegue “Emoticons”, prima traccia di “Glitterbug”, e conclude come di consueto con la sua canzone simbolo, “Let’s Dance to Joy Divison”, che termina con Tord e Murph che prendono in mano i microfoni e corrono da una parte all’altra del palco incitando l’Orion Club a saltare e gridare sulle parole “So happy, yeah we’re so happy“; il pubblico, ovviamente, non si fa pregare. Prima di salutare, i The Wombats danno il classico colpo di grazia con “Euroscheisse”, brano strumentale molto pesante, che è l’ideale per far scaricare ai fan le poche cartucce di energia rimaste.

A fine concerto il pubblico è tanto distrutto quando soddisfatto, i The Wombats si confermano una live band di primo livello e chi pensava che la recente propensione al synth-pop potesse rendere meno intense le esibizioni dal vivo è stato smentito. Il merito è soprattutto del basso di Tord Øverland Knudsen, che crea un base, sia ritmica che sonora, di grande sostanza e permette a Murph di destreggiarsi liberamente tra i vari strumenti e la voce.

La vera arma “segreta” del gruppo è però l’atteggiamento: i The Wombats salgono sul palco ogni volta come se fosse l’ultimo concerto della loro vita e puntano a conquistare i presenti uno per uno, cercando di ricevere tutta l’energia del pubblico per poi ritrasmetterla, e in tutto ciò non nascondono di divertirsi.

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