Tokio Hotel – Datchforum, Milano 30 ottobre 2007

Cercate di essere figli unici. Non abbiate paura di dire ai genitori ‘non me ne frega una sega di avere il fratellino tanto meno la sorellina, usate i condom!’ quando vi chiedono se volete compagnia.
Vi giuro che raramente ho voluto così male a mia sorella. In realtà ne ho voluto di più alle sue due compagne di classe liceali che hanno ammorbato i miei timpani dal tardo pomeriggio del 30 ottobre. Insomma il fratellone maggiore ha compiuto il proprio dovere di bravo ragazzo, portando le allegre fanciulle all’appuntamento dell’anno: il concerto dei Tokio Hotel ad Assago.
Onestamente non credevo che l’isteria collettiva per boyband alla Take That e simili avesse la stessa presa anche su un quartetto che ha una batteria con doppiacassa Tama. E invece sbagliavo. Potere del music business: sono ormai convinto che se Mtv e simili avessero pompato a manovella i Sepultura ai tempi di “Roots”, avremmo avuto un casino di noglobal a gridare roots, bloody roots durante le autogestioni liceali e a sognare trombate selvagge con i fratelli Cavalera (magari tra un cannone e due palleggi a calcio). Tutto questo per dire che non conta proprio nulla che uno suoni pop o rappi, puoi anche fare rock (leggero ma comunque rock) e avere un successo da boyband galattico se il biz lo decide…

Parlando del concerto in se, devo ammettere che l’impatto di Bill (versione crauta di Loredana Bertè dei tempi d’oro) e Tom Kaulitz è stato quantomeno deciso. Poca plastica, sound curato e batteria comunque gagliarda in alcuni momenti dato che Gustav Schäfer ha pestato di brutto mentre Georg Listing, quello un po’ più pompato fisicamente del lotto, ha fatto un buon lavoro al basso. Un’ora e mezza quasi totalmente in tedesco, ma anche qualche brano in inglese (la stressante “Monsoon” o “Scream” per dirne due) tra un’orda di grida isteriche che coprivano le note dei ragazzi onstage.
Devo comunque ammettere che se il successo non imporrà loro di alleggerirsi di molto per fare pop da due soldi, i Tokio Hotel hanno le potenzialità per portare qualche distorsione in più nelle orecchie di una generazione che la ‘musica’ non la conosce proprio. Meglio una “Übers Ende der Welt” (che ha aperto la serata e che mi ha visto portare scompiglio tra le bimbe pogando come se stessero suonando i Madball…diciamo che ho creato un diversivo…) di finte popstar, almeno questi sanno suonare qualcosa.

P.L.

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