Vasco Rossi, il report del concerto allo Stadio San Siro di Milano il 17 giugno 2015

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Il Live Kom 015 fa tappa a San Siro. Vasco si presenta al Meazza in concerto per la ventiduesima volta. Il 17 giugno 2015 il centro di Milano è blindato per la visita della consorte del Presidente degli States. La metro 5 e la viabilità intorno allo stadio sono ugualmente bloccati per l’arrivo del Blasco. Tutto regolare insomma.

Parlare di un live di Vasco senza finire nei soliti luoghi comuni è difficilissimo. Smontiamoli allora, oppure confermiamoli a seconda.

“Un concerto di Vasco fa schifo”. Cazzata colossale. Produzione di alto livello, tecnologie e luci di prim’ordine, band coi controcoglioni e voce di Vasco che tiene perfettamente per due ore di set.

“Le canzoni fanno schifo”. Alcune sì, indubbiamente. Specialmente alcune già degli anni novanta. Anche perchè negli Ottanta Vasco è sostanzialmente indiscutibile. Il contributo che ha dato nei primi dischi a tutta la musica italiana (testi, ritmi, chitarre e quant’altro) sono dati di fatto che solo chi è in malafede può contestare. Nell’ultimo album ci sono pezzi buoni e pezzi meno buoni. Questa sera ne ha suonati otto e indubbiamente la palpebra ogni tanto cadeva. I recuperi però di “Deviazioni” (da Bollicine) o “Credi Davvero” (da Vado al massimo) bilanciano la situazione. Mancano alcuni classiconi, vero, scelta audace, dettata evidentemente da una ritrovata sicurezza e convinzione nel nuovo materiale.

“Vasco non è rock”. Cazzata. L’impatto della band attuale è hard rock quando tirano e in generale pop rock nei brani più cadenzati. Stef Burns e Vince Pastano spaccano tonnellate di culi: i loro assoli e la loro distorsione sono rock di primo livello. Rock da arena e caciarone? Può essere, ma parliamo di roba che pesta.

“Il suo pubblico non capisce nulla di musica”. È abbastanza vero. Ci sono diverse eccezioni, ma senza dubbio chi va fuori di testa per “L’Uomo Più Semplice” o l’aborto di “Delusa”, ha probabilmente accesa fissa una qualsiasi radio generalista (Virgin Radio inclusa, anche se sarebbe tra le cose meno peggio) e potrebbe sfiammare per pop da classifica. C’è da dire però che un pubblico così fedele, affezionato e “imparato”, che conosce ogni sillaba di ogni brano proposto stasera a San Siro, è tanta roba. Specialmente se parliamo di un’artista che da 25 anni riempie gli stadi e propone musica rock.

“Vasco è bollito”. Cazzata. Sul palco non molla un attimo la presa, le canta tutte e anche quando deve alzare i registri non stecca. Non è un virtuoso, benissimo, ma alcuni pezzi lo sforzano inevitabilmente. E lui non cede. Sorride ed è davvero carico come una mina.

“Non vale la pena vedere un concerto di Vasco”. Posto che ognuno i propri soldi li spende come crede, un concerto di Vasco va visto almeno una volta nella vita. Specialmente se ci si definisce appassionati (o peggio “esperti”) di musica. Vasco è uno degli esponenti più mastodontici della canzone italiana, il suo show è divertente, coinvolgente e di sicuro impatto anche per chi non lo conosce.

“Il pubblico segue Vasco solo perchè è Vasco e non per i suoi pezzi”. Se escludiamo la generazione che arriva fino ai primi anni novanta, il luogo comune potrebbe essere decisamente valido. Tuttavia Vasco si tramanda. Chi lo ha vissuto negli Ottanta ama alla follia uno dei musicisti maggiormente osteggiati dalla critica e dalla stampa nazionale. Uno dei musicisti eccessivi e anticonformisti che hanno pagato in prima persona i propri eccessi. Quest’aura lo accompagna tuttoggi, ma se un cantante riesce a durare così tanto dei meriti artistici deve per forza averli. E Vasco li ha. Detto questo, il clima da funzione religiosa e celebrazione collettiva potrebbe avvalorare il luogo comune di cui sopra. Il che, tutto sommato, non è necessariamente un male.

“Le canzoni di Vasco sono troppo semplici”. Abbastanza vero. Ma sono efficaci, colpiscono, hanno i ritornelli giusti e hanno impatto sull’ascoltatore occasionale. Soprattutto molte di queste sono vere e sentite. Il pubblico ci si identifica da sempre e le impara anche grazie a un linguaggio legato alla vita di tutti i giorni, alle sofferenze e ai problemi che ci accomunano. La semplicità strutturale e musicale invece è decisamente indiscutibile, benchè fortunatamente assai lontana dal pop becero e dozzinale che da anni deturpa radio e tv generaliste. Della serie “meglio una distorsione in una canzonetta, che una canzonetta senza distorsione” (a meno che non siate puristi della sfiga nati vostro malgrado nel paese sbagliato per fare i rwokers).

Dopo tutte queste minchiate, tornerei a vedere Vasco? Con una scaletta con più classici e sbilanciata negli anni ottanta sicuramente sì. Dopo averlo visto nel 2003 e ieri sera per ora posso ritenere assolto il mio compito da critico da quattro soldi, pur mantenendo intatto il rispetto che ho nei confronti di Vasco per i diversi motivi elencati sopra.

Leggi la scaletta dei concerti del Live Kom 015

(Cover story di Rodolfo Sassano)

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