Il report di Wacken 2016

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Il Wacken Open Air, festival Metal più veloce, duro e rumoroso del mondo, spegne nel 2016 la 27a candelina, lasciando come sempre ai posteri l’ennesima edizione da ricordare: concerti stratosferici, tributi a coloro che non sono più fra noi ma che hanno lasciato il loro marchio indelebile inciso nella storia della musica, pubblico ormai fra i più pazzi e scatenati in assoluto, stand, cibo, birra…e l’ormai solito ed immancabile fango (meno dell’anno scorso, ma comunque presente e persistente). [Cover Story credits]

03 agosto – day 0 (warm-up):
Come da tradizione ormai da qualche anno, anche se le danze si aprono al giovedì, il mercoledì l’area camping pullula già di gente, e le band della “metal battle” provenienti da ogni angolo del globo, si sfidano a suon di riff nell’arco della giornata di wamp-up. A chiudere questa giornata ci ha pensato la nuova band di Phil Campbell, che orfano ormai dei suoi Motorhead ci delizia tuttavia per circa 45 minuti con i suoi Bastard Sons, proponendo un repertorio di classici del rock, spaziando fra Led Zeppelin, Black Sabbath, una cover di Hero del compianto David Bowie ed un’immancabile set di brani dedicati a Lemmy, la cui aura è stata presente per tutta la durata del festival e a cui praticamente ogni band on-stage ha dedicato un pensiero o una canzone. Con il feedback della chitarra di Campbell nelle orecchie ci si avvia verso la tenda. E’ tardi, il festival deve ancora iniziare. Benvenuti a Wacken!

04 agosto – day 1:
La prima giornata ufficiale si apre per il sottoscritto alle ore 17:00 con lo show degli inglesi Saxon, al solito autori di uno spettacolo intenso, ricco di grinta e delle loro più famose hit. A seguire, sempre sul Black Stage (il True Metal Stage è stato tenuto ad esclusiva disposizione dei Maiden quest’oggi), si esibiranno Foreigner, maestri dell’AOR che hanno saputo catturare il già numeroso pubblico facendo ballare e cantare tutti quanti sulle note di canzoni a dir poco storiche, e subito dopo i Whitesnake di mr. David Coverdale, vere e proprie leggende, anch’essi autori di uno show strepitoso, sebbene la voce del caro David inizi a far sentire il peso degli anni e probabilmente degli eccessi (ma l’ottimo Michele Luppi alle tastiere sa dare il giusto supporto all’istrionico singer inglese).

Cala la sera e l’aerea concerti è ormai satura in ogni ordine di posto; stanno per iniziare i concerti di Marduk e Therapy?, entrambe band che sarei stato molto curioso di vedere live…ma di lì a pochi minuti gli Iron Maiden si esibiranno sul True Metal Stage per la data conclusiva del loro trionfale tour mondiale di supporto all’ultima fatica discografica “The book of souls”. La posizione conquistata è ottima, a pochi metri dal palco; la scenografia preparata per il tour è strepitosa, come del resto lo sono le scenografie dei Maiden da decenni a questa parte, e il pubblico è carico e pronto per dare un caloroso benvenuto agli inglesi. Lo show non presenta sorprese, la scaletta ormai è consolidata e rodata, la band è in ottima forma e si rende, come di consueto, artefice di uno show stratosferico. Il boato “MAIDEN MAIDEN” dei 90000 di Wacken si spegnerà solo dopo che le luci dell’area concerti si saranno riaccese, il ricordo di un ennesimo grande show non si spegnerà per molto molto tempo.

Nemmeno il tempo di riprendersi, e sul Black Stage parte un toccantissimo tributo a Lemmy, preparato per i fans dagli organizzatori del festival. Il Bomber vola di nuovo, il “murder one” è sul palco; sui maxi-schermi vengono proiettati video di vecchi show dei Motorhead ed interviste a Lemmy. Il pubblico è immobile, di fronte allo stage tristemente vuoto, dappertutto si possono vedere truci metallari con gli occhi lucidi di lacrime, che scorreranno copiose quando Phil Campbell e Mikkey Dee saliranno sul palco a ringraziare tutti quanti per il calore che ancora una volta è stato riservato ad una delle icone assolute del rock and roll. E così ci avviamo verso i palchi chiusi per assistere all’ultimo show di questa prima intensissima giornata di festival. Sul W.E.T. Stage ci aspetta infatti un’altra leggenda dell’hard rock, i Blue Oyster Cult, pronti a dare la buona notte a tutti con un’ora di spettacolo perfetto sotto ogni punto di vista.

Prima giornata principalmente all’insegna dell’hard rock, con un bill assolutamente degno del nome del festival. La fredda notte tedesca è calata, il terreno fangoso ha messo a dura prova le nostre gambe e le nostre schiene, e dopo un’ultima birra decidiamo che è giunta l’ora di andare in tenda a riposare. Il bello, come si suol dire, deve ancora venire.

05 agosto – day 2:
Ed il bello infatti arriva puntuale alle ore 11.00 del mattino successivo. Il day 2 si apre sotto al Black Stage, dove (purtroppo) poca gente sta attendendo lo show dei Pyogenesis, che, nonostante il diluvio che si scatenerà quasi subito sulle nostre teste, macinano riff pesanti come macigni e propongono una setlist principalmente incentrata sull’ultimo lavoro, senza tuttavia tralasciare brani risalenti alle origini della storia della band.

L’appuntamento successivo nell’arco della giornata sarà per un’altra band leggendaria, i giapponesi Loudness, che da anni girano il mondo e che io non sono ancora riuscito a vedere su un palco. Anche per loro poco più di un’ora di set a disposizione, durante il quale incendieranno letteralmente l’area concerti e tutti i presenti, grazie a una setlist che percorre praticamente la loro intera carriera.

A seguire gli Entombed A.D. migliaia di timpani con uno show massiccio e violento, sfoggiando tecnica musicale eccelsa e cattiveria in abbondanza. Giunge la sera, e gli Orphaned Land stanno aspettando di riscaldare il tendone coperto, dove un nutrito numero di persone sta aspettando con impazienza. Lo spettacolo è ottimo, i brani attraversano tutta la loro produzione, e la danzatrice del ventre Libanese on-stage con la band dà quel tocco di classe al tutto. I complimenti vanno anche ai fans libanesi e a quelli israeliani, che hanno passato tutto il concerto spalla a spalla sventolando le loro bandiere.

L’ora degli headliner si avvicina, ma il nuovo (ennesimo) progetto di Kai Hansen ci attira ai piedi del Party Stage, dove assisteremo ad uno spettacolo composto in parte da brani nuovi, che comporranno un disco di prossima uscita (una sorta di versione rock dei Gamma ray dall’utilità discutibile), e in parte da alcuni classiconi degli Helloween, per l’occasione cantati da quel mostro di Kiske (presente per esibirsi di lì poco su quello stesso palco con gli Unisonic).
E con le orecchie addolcite dalla voce ancora perfetta di Kiske (e sempre nel cuore la speranza di una reunion degli Helloween per un tour commemorativo dei due Keeper), ci avviamo verso il palco principale, dove stanno per esibirsi in un ennemiso mega-show i bardi Blind Guardian. Ancora on the road dallo scorso anno, i tedeschi propongono una scaletta di durata ridotta rispetto a quella delle date del tour, incentrata più sui vecchi classici che sui pezzi dei dischi recenti, facendo la gioia dei fans della vecchia guardia e raccogliendo le giuste ovazioni dal pubblico.

La conclusione della seconda giornata di festival è assegnata a Unisonic, Ministry e Testament, tutti autori di spettacoli assolutamente degni dei nomi che da anni portano in giro. E di nuovo su Wacken sono calati il buio ed il freddo, il fango non molla la presa, e a fatica ci si trascina verso le tende…

06 agosto – day 3:
La terza, ultima, e notoriamente più faticosa giornata di festival si apre (per me) alle ore 13,30 con lo show dei Symphony X, incentrato sui brani dell’ultima uscita discografica. Band in spolvero, musicisti precisi e perfetti come ci si aspetta dal genere e pubblico già ben nutrito ai piedi dello stage rendono il set molto intenso e coinvolgente. Quasi in contemporanea il turno dei DevilDriver al Party Stage : la band presenta un’ottima alternanza di brani inediti e vecchi, ripescando anche pezzi che non venivano suonati live da diverso tempo. Circle pit assassino nella pozza di fango ai piedi dello stage e pubblico che ha cantato ogni singolo ritornello e strofa, hanno fatto del loro set un successo totale.

Poco dopo è il turno dei Metal Church, il pomeriggio è soleggiato e la giornata si sta facendo rovente, la birra scorre a fiumi e gli americani buttano ulteriore benzina sul fuoco con un set incendiario e bilanciato alla perfezione fra brani dal nuovo disco ed estratti dalla loro storia meno recente. Subito dopo, il Black Stage è pronto ad ospitare i Therion. La symphonic metal band svedese è in gran forma e parte a razzo con una scaletta varia, ma che tralascia tutti i lavori post-2007. Comparsata dell’ex compagno di avventure Snowy Shaw che aveva appena finito il suo set sui palchi coperti. Band compatta, ottime le due vocalist e un Christofer Johnsson sornione che veglia sulla sua creatura.

Saltiamo da un palco e da un genere all’altro (anche questo è il bello di Wacken): è il turno degli Steel Panther. Il quartetto ormai ha fatto della parodia del glam anni 80 e dell’abuso di allusioni sessuali il suo marchio di fabbrica, il pubblico sa tutto, e sta al gioco partecipando allo show e divertendosi sempre alla grande.
Dopo gli statuntensi è il momento di un ennesimo cambio di palco e di genere. Mentre ci avviciniamo alle transenne del True Metal Stage per l’imminente show dei Twisted Sister abbiamo comunque modo di ascoltare e vedere il set dei Triptykon, oscura creatura concepita dalla mente di Tom G. Warrior (già fondatore dei leggendari Celtic Frost). Si apre con “Procreation of the wicked”, grande classico del genere per poi procedere con una scaletta principalmente incentrata su brani dei CF. Concerto scandito da ritmiche lente, cupe e pesanti come macigni, l’ideale interludio fra gli Steel Panther e i Twisted Sister.

Giunge così l’ora dell’ultimo grande show di questa edizione 2016: sono ad un passo dalle transenne, e fra pochi minuti, ad un palmo dal mio naso, i Twisted Sister si esibiranno per l’ultima data tedesca del loro tour d’addio. Trucco e costumi sgargianti ormai sono stati abbandonati e l’assenza del compianto A.J. Pero è quasi palpabile, anche se Portnoy (ex-Dream Theater) ha preso il posto dello storico drummer per questo final tour. La setlist è, naturalmente, da best-of, Dee Snider, come sempre, è in ottima forma. Corre in continuazione da un lato all’altro del palco, cazzeggia col pubblico, si commuove quando parla di A.J. e dedica The Price alla sua memoria (e a quella di Lemmy), e quasi si commuove di nuovo quando il calorosissimo pubblico continua a riprendere il ritornello di “We’re not gonna take it” ancora, e ancora, senza dargli il tempo di parlare ne di proseguire con lo show. Spettacolo immenso, per una delle più grandi rock and roll band ancora (per poco) in attività. 40 anni di carriera e non sentirli. E’ davvero un peccato pensare che tutti insieme sullo stesso palco, probabilmente non li vedremo più (dopo che Snider ha preso per il culo gli infiniti tuor d’addio di Scorpions, Kiss e compagnia poi…).

Con le ultime note dell’inno SMF si riaccendono i riflettori, cala il sipario e anche questa edizione di Wacken si avvia verso la chiusura. Mancano una manciata di show, c’è ancora il tempo per vedere una parte dell’esibizione dei Serious Black nell’area coperta, ottimo powerone massiccio e ben suonato, prima di tornare un’ultima volta nell’area palchi per lo show di chiusura dei Dio Disciples, band-tributo a Ronnie James Dio, con naturalmente tutti i brani migliori composti dall’immortale singer, ed in chiusura una We Rock “cantata” dalla voce stessa di Dio, con il suo ologramma sul palco. L’ologramma è stato al centro di molte discussioni, chi dice sia stato una figata, chi sia stato quasi offensivo per la memoria di un grande musicista. Personalmente sto’ nel mezzo, tecnicamente è stato bello, l’ho trovato davvero troppo freddo (avrei preferito dei video come quelli del tributo a Lemmy), e non credo che troverei mai particolarmente interessante un intero concerto “suonato” dall’ologramma di un musicista defunto.

Questioni tecniche a parte, anche questa edizione si è chiusa ed è stata grandiosa come sempre. Come di consueto non sono riuscito a vedere tutti gli show che avrei voluto, ma si sa, Wacken è così: ci si lascia travolgere dal suo vortice di musica, gente pazza, birra, cibo, chilometri macinati a piedi avanti e indietro da un palco all’altro…e in un attimo ci si trova stanchi ed infangati a disfare la tenda ed avviarsi verso casa, dando un ultimo sguardo all’area campeggio ed al paese che si allontana, chiedendosi se l’anno prossimo si riuscirà a tornare quassù. Nel dubbio il saluto è sempre lo stesso…see you next year Holy Wacken land, rain or shine.

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