Da poche ore si sono spenti i riflettori sui palchi della ventinovesima edizione del festival metal più grande del mondo, e già l’edizione 2019 del Wacken Open Air, quella del trentennale, sta volando verso il sold-out, nonostante siano state annunciate una manciata di band, per lo più degne dei palchi minori o degli slot pomeridiani, almeno ad una rassegna con questo nome. Dopotutto le aspettative per la festa dei 30 anni sono altissime, l’hype dei metallari di tutto il mondo è alle stelle, e la sete di Wacken è già oltre i livelli di guardia in chi è tornato da poco da questa recente edizione. Edizione che era partita forse un po’ in sordina, con dei primi nomi annunciati non proprio esaltanti, ma che alla fine dei giochi, metteva sul tabellone band del calibro di Judas Priest, Helloween, In Flames, Nightwish, Running Wild, solo per citare i nomi più gustosi del bill.
Come di consueto, il festival prende il via al mercoledì, con l’area dei palchi principali ancora chiusa, ma con tutti gli altri stage già attivi dalla tarda mattinata fino a notte fonda. Sarà prima il turno delle band partecipanti alla Battle of the Bands, selezionate nel corso dell’anno fra centinaia di candidature, giunte da ogni angolo del mondo, e che si contenderanno il premio finale proprio sui palchi al coperto del festival. L’edizione di quest’anno è stata vinta dai Cinesi Die For Sorrow, a difendere i colori italiani erano presenti i bolognesi Tarchon Fist.
Oltre alla Battle of the Bands, sui palchi hanno iniziato a scaldare gli amplificatori altri gruppi per tutto il pomeriggio, fino a giungere a sera ai primi nomi grossi in cartellone; sarà infatti compito di Fish (voce storica dei Marillion) iniziare a scaldare i palchi coperti con il suo progressive rock di pregiata fattura, per poi cedere il testimone agli hard rockers Nazareth, che si renderanno autori di una prestazione strepitosa, seguiti dagli svedesi Backyard Babies, anche loro protagonisti di un set incendiario, e, in conclusione, al solito show schiacciasassi dei brasiliani Sepultura, che chiuderanno la giornata lasciando il palco fumante e mietendo come di consueto vittime in numero cospicuo sotto lo stage; insomma, un warm-up party decisamente degno di questo nome e del festival.
Day 1
Il primo giorno vero e proprio di festival deve ancora iniziare, e già tutti si sono resi conto che sarà un’edizione bollente, non solo dal punto di vista della musica, ma anche da quella del meteo; se le ultime tre edizioni sono state caratterizzate da fango e pioggia, quella di quest’anno sarà una delle edizioni più asciutte (nemmeno una goccia di pioggia per tutta la durata del festival) e polverose di sempre. Arriviamo al pomeriggio di giovedì, momento caratterizzato dall’apertura ufficiale dei cancelli dell’area dei main stage, e dalle corse dei presenti per raggiungere i piedi dei palchi e mettere per primi piede ufficialmente in Terra Santa.
Apriranno le danze i soliti SkyLine, band storica a Wacken nella quale milita uno degli organizzatori del festival, per poi lasciare la scena ai Dokken, autori di una prestazione davvero degna di nota nonostante l’ugola del buon Don Dokken non sia assolutamente più quella di una volta; il singer ha comunque dimostrato di aver imparato a gestire la benzina, arrivando a fine set con ancora cartucce a disposizione, e portando a casa l’esibizione in maniera più che dignitosa.
Discorso niente affatto valido per l’ex Mötley Crüe Vince Neil. Il vocalist sale sul palco con un repertorio al 100% Crüe (sembra non ricordarsi dei suoi tre lavori da solista), e demolisce pezzo a pezzo e nota dopo nota, tutti i più bei classici della sua ormai defunta band. Siamo scappati a metà show, uno scempio simile era davvero troppo difficile da sopportare.
Soddisfazioni maggiori le darà Udo Dirkshnider, che si esibirà subito dopo, con un repertorio composto interamente dai classici degli Accept. A seguire il (fu) biondo singer, è la volta dei Behemoth, che asfalteranno senza nessuna pietà tutti i presenti, con un set aggressivo ed una prestazione da manuale.
Dopo questa infornata di violenza in musica è il momento dei Danzig: l’oscuro ed imponente cantante, caratterizzato dalla sua chioma corvina e dalla voce sempre unica, si renderà autore di una prova di grandissimo livello, traghettando i presenti, attraverso un vero inferno sonoro, verso lo show degli headliner della giornata.
I Judas Priest saranno protagonisti assoluti, con uno spettacolo di un’ora e mezza abbondante, la cui scaletta è ormai nota da mesi ed include dei classici del passato che non venivano proposti davvero da tempo immemorabile, ai quali vengono affiancati alcuni estratti dall’ultimo stupendo disco “Firepower”. Rob Halford è in forma come non mai, e si esibisce in una prova di classe davvero invidiabile, mentre il resto della formazione macina classici dell’heavy metal arando senza pietà tutti i presenti. Commovente la comparsata di Glenn Tipton sugli encore finali, che si esibirà a fatica senza cercare di mascherare la sua condizione ormai piuttosto grave, suonando “Metal Gods”, “Living After Midnight” e “Breakin the Law”. I Preti di Giuda metteranno così la parola fine sulla prima giornata ufficiale del festival. Davvero niente male come inizio, e domani si parte già alla mattina presto.
Day 2
Alle 12 i Cannibal Corpse faranno morti e feriti in mezzo alla polvere e sotto ad un sole battente, massacrando tutti a colpi di brutal death metal come sono loro lo sanno suonare.
Alle 13.30 sarà invece la volta di assistere ad una prestazione da brividi da parte degli Amorphis, anch’essi con uno splendido nuovo album da presentare al pubblico. Il set sarà sapientemente alternato tra brani recenti e pezzi più datati, facendo felici tutti i fans accorsi ad affrontare il caldo ed il sole per assistere all’evento.
A seguire nel corso della giornata Korpiklaani, Epica, Children of Bodom (autori di un vero e proprio massacro), Doro che porterà sul palco diversi ospiti per presentare il suo nuovo imminente doppio album di inediti, i Running Wild finalmente carichi come delle mine ed autori di un ottimo set, suonato veloce e senza fronzoli, come esige l’etichetta (da loro coniata) della pirateria metallica.
Dopo i pirati sarà il turno degli In Flames, che a Wacken sono ormai di casa e sono in grado come sempre di far saltare tutta l’area concerti, prima di lasciare spazio ad uno degli eventi più attesi dell’intera giornata: lo show dei Ghost, che inizierà alla 1.45 per terminare alle 3 del mattino. Uno spettacolo ammaliante, affascinate e che ha inchiodato tutti i presenti in area concerti fino alla fine, nonostante la stanchezza ed il sonno imperassero furiosamente. Quale conclusione migliore per il secondo giorno di un festival che, man mano che procede, diventa sempre più memorabile?
Day 3
Ore 8, il sole inizia impietoso a battere sulle tende, trasformandole in vere e proprie saune, e costringendo metallari insonnoliti a rotolare fuori, sudati e in cerca di ossigeno fresco. Anche oggi farà molto caldo, anche se qualche nuvola in cielo fornirà freschi momenti di tregua. Alle 12 ci attendono sullo stage i Riot V; il set sarà composto da una buona metà del classico “Thundersteel”, che compie 30 anni quest’anno, e a seguire brani estratti sia dal passato che dai lavori recenti della band.
Se il caldo non dà tregua, il running order non è da meno, e sui palchi arriveranno Wintersun e Alestorm, anch’essi capaci di coinvolgere il pubblico in balli scatenati, Gojira, Steel Panther, come sempre autori di uno show divertentissimo ed irriverente, dove la musica arriva a passare quasi in secondo piano per lasciare spazio alle battute a sfondo sfacciatamente sessuale che i quattro hanno sempre in serbo, condite da una dose notevole di seni esposti senza indugi dalle signorine del pubblico, e da un crowd surfing folle; insomma, cosa meglio di uno show dei Panther può rappresentare il concetto di rock n’ roll?
Dopo di loro sarà il turno degli Arch Enemy, che delizieranno con oltre un’ora di ruggente spettacolo il pubblico numerosissimo, assiepato ai piedi del palco.
Spenti i riflettori sull’ennesimo show-massacro, sale la tensione ai piedi dell’altro mail stage, in attesa degli Helloween. La maggior parte dei presenti probabilmente ha già assistito ad una data del Pumpkin United Tour, che da quasi un anno sta girando per il mondo, ma la curiosità di vedere le zucche di Amburgo suonare sul palco che praticamente è quello di casa è davvero tanta. Per gli italiani c’era anche la curiosità di vedere se Kiske fosse in uno stato migliore rispetto a quello del concerto di novembre a Milano. Le aspettative sono state ripagate in pieno, gli Helloween hanno sfoderato uno dopo l’altro i più grandi classici del passato, le tre chitarre hanno fatto il loro lavoro alla perfezione, e la coppia Kiske/Deris è ormai rodata ed i passaggi di testimone avvengono con una naturalezza estrema. Deris conferma quanto di buono espresso a novembre a Milano, Kiske dimostra di essere nettamente più in forma, cantando fra le altre una “A Tale That Wasn’t Right” assolutamente da pelle d’oca. Lo spettacolo è durato due ore e mezza, ed è volato via in un attimo, culminando con fuochi d’artificio ed un numero imprecisato di palloncini arancioni a forma di zucca lanciato sul pubblico presente.
Le luci sul palco degli Helloween non si sono ancora del tutto spente, e i Dimmu Borgir stanno già per far calare il loro black metal sinfonico ed oscuro sulle teste dei presenti. Uno show monolitico, con un moshpit assassino ed il solito grandissimo numero di crowd surfer passato sulle nostre teste.
A chiudere le danze e fare calare il sipario su questa edizione del festival tocca ai tedeschi In Extremo, che nonostante ora tarda e fatica, riescono a far accorrere sotto al palco un considerevole numero di persone, pronte ad alzare i loro boccali al cielo e cantare a squarciagola la loro gioia di essere stati, di nuovo o per la prima volta, al Wacken Open Air, il festival heavy metal più grande del mondo.
https://www.youtube.com/watch?v=sRUR6HRsRN8