Venti evergreen del rock scritti nel Terzo Millennio

Il terzo millennio è iniziato ormai da quasi quindici anni. Un falso mito, ampiamente diffuso tra media e ascoltatori, è che dal 2000 in avanti nessun’artista è stato in grado di sfornare brani capaci di entrare nell’immaginario collettivo. Niente di più sbagliato: anche se il potenziale di un classico come “Stairway to heaven” o di una “Back in black” difficilmente arriverà, questi tre lustri hanno comunque consegnato alla storia diversi capitoli memorabili, alcuni già diventati leggenda.

In un viaggio tra i vari generi musicali, vi proponiamo venti brani (in ordine puramente casuale) per tipologia di musica che riteniamo possano essere già considerati degli evergreen. Partiamo dal rock, che per un Gene Simmons è ormai morto da un pezzo mentre per altri, come Dave Grohl, non ha alcuna intenzione di dare il benservito.


The Killers – Mr Brightside

Difficilissimo scegliere un solo brano dal repertorio di Brandon Flowers e soci, una delle band pop rock dal successo più stellare emerse in questi anni. Soprattutto se si tiene conto che un “Hot Fuss” ha sfornato una hit dietro l’altra (basti pensare ad una “Somebody Told Me”, che potrebbe tranquillamente trovare spazio in questa top 20). Scegliamo quindi il singolo di debutto degli statunitensi, un brano entrato nell’immaginario collettivo al punto che una star come Cameron Diaz decise di proporre la sua personalissima cover.


The Strokes – Last Nite

Potevano fare grandissimi sfracelli i The Strokes di Julian Casablancas. Poi, complice una lunga pausa volontaria e due dischi non esaltanti tra il 2011 e il 2013, i newyorkesi pare abbiano perso il treno; quanto basta, però, per consegnare alla storia un brano dalle sonorità retrò che ha fatto ballare moltissime persone, giovani e meno giovani.


Arctic Monkeys – I Bet You Look Good On The Dance Floor

Gli Arctic Monkeys hanno già il loro posto nella storia per essere l’esempio eclatante del fenomeno MySpace, capace di arrivare con il passaparola ad avere un contratto con l’indie più importante del panorama britannico (la Domino) e un clamoroso 5/5 di album al primo posto delle classifiche dei dischi del Regno Unito. “I Bet You Look Good On The Dance Floor” è qualcosa di più di un semplice brano ballabile: è il manifesto di un’intera generazione.


The White Stripes – Seven Nation Army

“Po po pooo”: serve altro?


The Black Keys – Lonely Boy

Il brano che ha messo sulla bocca di tutti il duo capitanato da Dan Auerbach verrà ricordato soprattutto per il video: un vero e proprio fenomeno virale, con quel dio dorato di Derrick T. Tuggle impegnatissimo nel ballare e cantare in playback il primo singolo estratto da “El Camino”.


Franz Ferdinand – Take Me Out

Al secondo singolo, gli scozzesi Franz Ferdinand fanno il superbotto, piazzando il loro nome dritto dritto ai piani alti dell’indie rock internazionale, forti anche di memorabili performance dal vivo. Come per i The Strokes, un amore per le sonorità retrò, il piedino battuto a tempo e il coretto “Take me out!” ormai diventato d’uso comune.


Bon Jovi – It’s My Life

Già autore di decine di hit negli anni Ottanta e Novanta, Bon Jovi inaugura il millennio con il suo brano più riuscito degli ultimi quindici anni. Un quindicennio “di rendita” per l’italo-americano che negli anni successivi non riuscirà a sfornare un singolo leggendario di questo calibro.


Foo Fighters – All My Life

Come per i The Killers, scelta ardua anche per i Foo Fighters: il terzo millennio è stato per loro l’anno della definitiva consacrazione dopo un colpo di coda di fine anni Novanta chiamato “There Is Nothing Left To Lose”. Quindici anni con una hit dietro l’altra che abbiamo deciso di celebrare con un singolo tratto da “One By One”: uno dei riff più clamorosi del millennio, un ritornello storico da una band che era già grande ma che da qui a poco sarebbe diventata leggenda.


Queens Of The Stone Age – No One Knows

Se chiedi al rocker medio quale può essere considerato il disco simbolo del rock dal 2000 in avanti, con molta probabilità la risposta sarebbe “Songs For The Deaf”, terzo disco dei Queens Of The Stone Age di Josh Homme. Come portare sonorità “difficili” come quelle stoner alle masse, grazie anche ad una lineup difficilmente ripetibile (oltre allo stesso Homme, Nick Oliveri, Dave Grohl e Mark Lanegan nel ruolo di backing vocalist).


Linkin Park – In The End

Chester Bennington e soci riempiono i palazzetti dal giorno dopo l’uscita di “Hybrid Theory”: un vero e proprio fenomeno globale esploso alla fine dell’era nu-metal e capace di sopravvivere con ottimi risultati. Un nome gigantesco, capace di prestare lo stesso Bennington ad una formazione storica dei Nineties come gli Stone Temple Pilots e di entrare nell’immaginario collettivo: basti sapere che il ritornello di questo brano lo conoscono anche gli zarri.


Muse – Time Is Running Out

Un trio destinato ad essere ricordato tra una trentina d’anni al pari di istituzioni come i connazionali Queen. Band dal grandissimo talento, anch’essa capace di pubblicare una serie infinita di hit dal 2000 ad oggi. Scelta ardua, al punto che la scelta di questo brano può essere discutibile, tanta è la qualità di Matt Bellamy e soci sfornata sin dall’inizio della loro sfavillante carriera.


The Rasmus – In The Shadows

Unico caso di one hit wonder degli anni Zero. Sia chiaro, i finlandesi bazzicano per i club di tutto il mondo, pubblicano ancora dischi ma il successo di “In The Shadows” non è più stato replicato.


Paramore – Misery Business

Vero e proprio fenomeno globale che ha dato il via ad un’innumerevole serie di cloni di gruppi pop punk con voce al femminile. Diventati un nome enorme tra Stati Uniti e Regno Unito nell’arco di pochi dischi, Hayley Williams e soci saranno soprattutto ricordati per “Misery Business”, brano che è destinato a diventare un inno per i teenager che scoprono “le chitarre distorte” da qui a molti anni.


Green Day – Boulevard Of Broken Dreams

Dopo una serie di scivoloni (il più importante il mediocre “Warning”), nessuno si sarebbe aspettato che i Green Day sarebbero stati capaci di diventare un nome grosso nel terzo millennio. Capaci di arrivare con il disco giusto al momento giusto (“American Idiot” è arrivato nel secondo mandato di Bush) e con un look perfettamente studiato, Billie Joe e soci sono riusciti a non fare la stessa fine di nomi altrettanto famosi del circuito negli anni Novanta (chi ha detto Offspring) che, dopo anni di fasti, hanno imboccato il viale del tramonto.


Red Hot Chili Peppers – By The Way

Dopo l’abbuffata di “Californication”, capace di riportare alla ribalta i Red Hot Chili Peppers grazie anche al figliol prodigo John Frusciante, gli statunitensi riescono comunque a vendere tredici milioni di copie in un periodo nel quale la pirateria musicale iniziava a mietere le prime illustri vittime. Questo grazie al successo del precedente lavoro ma, soprattutto, alla scelta di lanciare il disco con la riuscita title track.


Kings Of Leon – Sex On Fire

Uno dei nomi più sottovalutati nel panorama italiano è in realtà un nome grosso oltre le Alpi, capace di suonare da diversi anni come headliner nei maggiori festival internazionali. Ciò non toglie che una “Sex On Fire” sia conosciuta anche qui nel nostro Paese: un brano così famoso che ha portato i Followill a suonare in un palasport in occasione del loro successivo disco “Come Around Sundown”.


U2 – Vertigo

I giganti del rock mainstream, sulla cresta dell’onda da più di trent’anni, sono riusciti a vivere in splendida forma, e con una grande rendita del passato, il terzo millennio. Più che per i singoli (pochi brani memorabili, ma “Vertigo” è tanta roba) gli irlandesi verranno ricordati per le alleanze con la Apple e per tour innovativi come il 360° di alcuni anni fa.


Papa Roach – Last Resort

Pur essendo ancora oggi una grandissima band dal vivo, i Papa Roach verranno ricordati più che altro per questa grandissima hit estratta dal loro debutto “Infest”. Uno dei canti del cigno del nu-metal che però, a distanza di anni, è uno dei pezzi immancabili di una rockoteca (lol) che si rispetti.


Thirty Seconds To Mars – From Yesterday

La band di Jared Leto è stata capace di pubblicare grandissime hit nell’arco di soli quattro dischi. Forti anche di video che sono dei veri e propri cortometraggi, i Thirty Seconds To Mars sono riusciti a dire la loro con sprazzi di altissima qualità.


Coldplay – Clocks

Croce e delizia del terzo millennio, i Coldplay di Chris Martin sono comunque una band grossissima, capace di arrivare a riempire gli stadi di tutto il mondo. Con “Clocks” gli inglesi hanno messo il primo tassello verso il successo mondiale, portando a casa diversi premi (tra cui un Grammy per il Record Of The Year) e il tributo di un nome come i Buena Vista Social Club, che decisero di farne una versione riarrangiata con sonorità caraibiche.


BONUS TRACK: Jay Z – 99 Problems

(Sì ok, c’entra un cazzo con tutto il resto, ma il riff portante di “99 Problems” è più rock di tante poserate spacciate per tali pubblicate da vent’anni a questa parte).

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