Alto più di un metro e novanta, massiccio e corpulento, Chester Arthur Burnett alias Howlin’ Wolf metteva davvero paura. Soprattutto al pubblico bianco, tanto che se la sua carnagione fosse stata candida avrebbe potuto diventare ancor più famoso. Tuttavia, con un’abilità fuori dal comune come disc jockey e uno stile canoro potentissimo e selvaggio (da cui lo pseudonimo), riuscì lo stesso a guadagnarsi un bel po’ di fortuna. Prima alla Sun di Memphis e successivamente alla Chess di Chicago (il qui presente best of raccoglie il meglio di questo secondo periodo), il Lupo Ululante fece davvero di tutto per dimostrare che c’era qualche buona ragione se ai tempi il blues veniva considerato “la musica del diavolo“. “Moanin’ At Midnight”, “Spoonful”, “Killing Floor” e la leggendaria “Smokestack Lightnin'”, ripresa da una caterva di band blues rock negli anni Sessanta, rimangono viva testimonianza di una musicalità “luciferina” fuori dal comune.
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