Forse il disco più importante uscito nel 1974, e fra le ultime testimonianze della grandezza del progressive rock, troppo spesso relegato a fenomeno kitsch e ampolloso. Nossignore, questo genere non è stato soltanto esibizione di arida tecnica, e fra i tanti dischi ricchi d’idee e genialità che il movimento prog è riuscito a creare negli anni Settanta, spicca “The Lamb Lies Down On Broadway”. Un’opera voluta fortemente da Peter Gabriel che, nonostante alcune resistenze da parte dei suoi compagni di band (soprattutto Tony Banks e Phil Collins, anche se quest’ultimo finirà per ammettere il piacere di aver partecipato all’impresa), riesce a imporre la propria visione mitico/filosofica in un doppio concept – album ruotante attorno alla figura e alle peripezie di Rael, ‘outcast’ portoricano disperso a New York. Per farlo, Gabriel sfodera una delle sue migliori prestazioni vocali di sempre, e convince gli altri a distaccasi, almeno parzialmente, dal classico suono Genesis, quello che fa bella mostra di sé soprattutto nel precedente “Selling England By The Pound” (1973). Lo spettro stilistico dei cinque si allarga a dismisura, andando a lambire l’hard rock, il soul, la musica latino – americana, persino il country e rifrazioni psichedeliche. Il tutto imbrigliato in un tessuto pop – progressivo che non ha paura di confrontarsi con l’avanguardia: il fraseggio pianistico che introduce la title – track, che fonde l’impressionismo di Maurice Ravel e il minimalismo di Terry Riley, oppure gli effetti noise di “The Waiting Room”, quelli ambient di “Silent Sorrow In Empty Boats” e le vocals filtrate di “The Grand Parade Of Lifeless Packaging” sono solo alcuni esempi di questo baldanzoso eclettismo musicale. Che probabilmente non avrebbe trovato la giusta dimensione espressiva senza il fondamentale apporto di Brian Eno, qui responsabile di alcuni fra i più interessanti trattamenti sonori, chiamati “enossificazioni”. Così l’incipit di “Back In N.Y.C.” s’avvicina ad alcuni umori che saranno della new wave, mentre la sottile ballad “Carpet Crawlers” è presumibile che sia stata studiata attentamente da David Sylvian. Al di là dei singoli episodi, “The Lamb Lies Down On Broadway” è da gustare nella sua interezza, con calma e senza fretta, accorgendosi di quanto abbia retto bene al trascorrere degli anni. È anche l’ultimo ellepi della formazione con Peter Gabriel, che lascerà i Genesis l’anno successivo, al termine di una trionfale tournée di oltre cento date. Da quel momento il complesso, sotto la guida di Collins, comporrà ancora alcuni buoni album prima di svoltare definitivamente verso il pop più leggero, e venderà decine di milioni di dischi. Ma non raggiungerà mai più un simile livello di eccellenza.
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