Kraftwerk – Autobahn

Uno degli album più importanti nella storia del sound elettronico. Dopo un esordio omonimo datato 1970, in cui la band di Düsseldorf fondata da Ralf Hütter e Florian Schneider si dilettava con un krautrock parecchio ostico, a metà strada fra elettronica sperimentale e musica concreta, i Kraftwerk nei successivi due lavori si avvicinano sempre più a un formato sonoro meno impervio e maggiormente accessibile al grande pubblico. Ma è con “Autobahn” che arriva l’illuminazione: se i quattro brani presenti nella seconda facciata del vinile hanno ancora a che fare con la musica cosmica teutonica, è nella lunga suite (22 minuti) omonima che si concretizza il genio dei Nostri. I vari synth utilizzati sono ancora liberi di perdersi in gorghi psichedelici (per un momento pare di sentire una versione sintetica dei Grateful Dead), ma la cornice entro cui sono racchiuse queste evoluzioni è implacabile: un ritmo motorik dall’incedere deumanizzato fornisce la scansione basilare su cui verranno costruite le architetture di molto synth pop ed electro rock degli anni Ottanta, senza tener conto della techno di Detroit e di parecchia new wave vera e propria. Gli influssi di “Autobahn”, comunque, si faranno sentire anche prima dell’arrivo del nuovo decennio: chiedere a David Bowie per chiarimenti.

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