Li si può amare oppure odiare, ma è innegabile che nel 1974 le facce pitturate dei quattro Kiss abbiano rappresentato una ventata d’aria fresca nel panorama, piuttosto serioso, dell’hard rock dell’epoca. Paul Stanley (voce e chitarra ritmica), Gene Simmons (voce e basso), Ace Frehley (chitarra solista) e Peter Criss (batteria) si sono inventati quattro personaggi e, a colpi di trucco pesante, vistosi vestiti di scena e testi incentrati su party e belle ragazze, hanno saputo riportare il senso del puro divertimento nel rock & roll. Non solo: spesso, a causa dell’apparato scenico, la loro musica ha finito per esser sottovalutata. Invece l’hard rock grezzo e basilare del quartetto, imperniato esclusivamente su voce, chitarra, basso e batteria, e in cui non c’è traccia né di velleità progressive né di lunghe jam di blues psichedelico, recupera in parte l’irriverenza delle garage band degli anni Sessanta e la rende più scintillante ed orecchiabile tramite una produzione aggiornata ai tempi e un innegabile senso melodico. Spesso i riff e gli assoli sono cruenti, ma non manca mai il ritornello ruffiano capace di piantarsi in testa sin dal primo ascolto. Nell’esordio omonimo sono già presenti alcuni classici dei Kiss, come “Strutter”, “Cold Gin”, “Deuce” e “Black Diamond”, che eserciteranno una grossa influenza sul glam metal, sullo street rock e in generale su tutto l’hard & heavy americano di successo degli anni Ottanta. Non trattateli con sufficienza.
E andiamo!!!