Il capolavoro non riconosciuto del Boss. Ai tempi della sua uscita, “Darkness On The Edge Of Town” dovette confrontarsi con il successo smisurato del suo predecessore “Born To Run” (1975). Agli occhi della critica e di parte dei fan (quelli più superficiali), sembrò dover soccombere. Anche nei decenni successivi alla pubblicazione, la sua straordinaria qualità artistica non è mai stata del tutto compresa. Certo, il suo tono è più dimesso e meno epico, verrebbe da dire che qui la fatica del vivere quotidiano è meno sublimata dallo slancio eroico, anzi acuita da problemi e difficoltà terribilmente incombenti. E allora ci si consola nel folk intimista di “Something In The Night” e “Racing In The Street” e nel country di “Factory”, anche se il tono di sfida al mondo non si placa affatto, e lo provano le fiammeggianti “Badlands” e “The Promised Land”. Insomma, si tratta di un’opera probabilmente più sfaccettata, poliedrica, ed è in queste qualità che risiede la sua immensa grandezza. Perché, al di là dei temi trattati, “Darkness…” è una miniera d’oro anche sotto il profilo puramente musicale: qui, infatti, trovano posto due perle come “Adam Raised A Cain”, blues rock torbido e oscuro, e “Candy’s Room”, incredibile narrazione dell’amore giovanile scandita da un crescendo portentoso, che apre il pezzo a inedite sfumature hard rock. A coronare l’impresa, c’è la sincerità di Bruce: assoluta, sia quando si concentra sul personale sia quando inquadra problemi, gioie e dolori della working class americana. Così, testi come quelli della title – track, che scritti e musicati da altre mani sembrerebbero sin troppo retorici, attraverso la sensibilità di Springsteen si trasformano in ottime ragioni per alzarsi ogni dannata mattina. Una pietra miliare che non può mancare a nessun vero appassionato di rock.
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