Frank Zappa – Joe’s Garage

Nel corso della seconda metà degli anni Settanta Frank Zappa prosegue inesorabile a pubblicare dischi a getto continuo, dividendosi fra uscite ‘convenzionali’ ed altre più scopertamente complesse e affini alla ‘musica colta’, il tutto, come di consueto, deformato dall’inconfondibile tocco del maestro. Nel 1979 tanto lavoro giunge al culmine, con l’uscita di ben quattro album: “Sleep Dirt“, frullato di fusion e parodie prog rock, “Orchestral Favorites“, ispirato alla classica contemporanea, l’ibrido “Sheik Yerbouti” e infine le tre parti di “Joe’s Garage“, prima rock opera del Nostro e fra le sue emissioni più famose (e vendute). Parodia freak della classica fantascienza orwelliana/huxleyana incentrata su futuribili società ‘panoptiche’, nel nostro caso Zappa narra di un mondo in cui la musica è stata bandita, similmente a quanto fatto dai Rush in “2112” (1976); rispetto a quest’ultimo il tono, ovviamente, è meno serio e più sarcastico, soprattutto per quanto riguarda la sfera sessuale, in cui il buon Frank ci va giù pesante come non mai (titoli come “Crew Slut” e passi quali “There’s nothing like a Catholic Girl/When they learn to blow” sono fra i meno spinti). Musicalmente, invece, si tratta di una delle opere più ‘commerciali’ dell’artista, ideale per essere apprezzata anche da chi non si è mai addentrato nel complesso delle composizioni zappiane. In quasi due ore vengono passati in rassegna quasi tutti gli stili ‘easy listening’ dell’epoca: classic rock con contorno di assoli di chitarra (clamoroso quello di “Watermelon In Easter Hay”), numeri funk e persino reggae, blues elettrico da grande arena e scampoli di jazz leggero, spruzzate hard e rockabilly, tutto centrifugato in un unicum dal grande appeal emotivo. In “Joe’s Garage” Frank Zappa mostra il suo volto più diretto e comunicativo, rinunciando del tutto alle asperità più radicali di alcuni momenti passati e futuri. Sicuramente una delle tappe – chiave nella carriera del compositore.

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