L’arrivo della cantante Jarboe su “Greed” (1986) avrebbe progressivamente ‘ingentilito’ l’animo tormentato di Michael Gira, mastermind indiscusso della band americana, fino a portarlo con “White Light From The Mouth Of Infinity” (1991) sui lidi di un neo – folk psichedelico intriso di lacerante malinconia e percorso da fremiti post – rock ante litteram. Tuttavia, gli Swans più dirompenti sono quelli dell’esordio: un pozzo nero putrido e maleodorante che macina distorsioni alla Flipper (come loro i Nostri utilizzavano due bassi, ma Gira aveva pensato bene di raddoppiare pure le batterie), feedback rubati a Glenn Branca e fiondate di rumore dissonante memori dei Chrome, esaltando il tutto tramite una visione spirituale fra le più tetre e sconsolate dell’intera storia del rock. Paralizzante soluzione di industrial, noise e no wave, “Filth” opprime gli astanti sotto un cumulo di detriti musicali pressati insieme e riversati attraverso un incedere monotono e implacabile, simile a quello di una schiacciasassi, scandito soltanto dalle urla e dai lamenti del leader. Puro estremismo in note.
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