Con i Japan, David Sylvain è stato grande. Nella carriera solista lo sarà ancor di più. Del cantante e musicista britannico si potrebbero citare parecchi album riusciti e importanti, a partire dal raffinatissimo “Secrets Of The Beehive” (1987). Tuttora, però, l’esordio rimane incomparabile in quel suo saper tracciare la strada a venire. In “Brilliant Trees” Sylvian chiama a raccolta artisti del calibro di Ryuichi Sakamoto, Jon Hassell e Holger Czukay (ex bassista dei Can), che collaboreranno a stendere una tela su cui il bandleader saprà dipingere note d’impalpabile risonanza interiore, fondendo jazz etereo e spunti etnici, funk lunare e ambient terzomondista, in figure d’ombra e luce abili nel riproporre art rock e new wave in una sintesi personalissima e impeccabile. Musica brillante, terrestre e naturale come un albero, in tensione verso l’infinito come lo spirito umano. Stupisce il successo di classifica (raggiungerà la quarta piazza in Inghilterra), difficilmente spiegabile.
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