E’ una graduale evoluzione quella che porta i Voivod dal primitivo e violentissimo thrash metal di “War And Pain” (1984) alla raffinatezza cerebrale di “Dimension Hatröss“, primo capolavoro assoluto della band fondata dal batterista Michel “Away” Langevin, responsabile dell’immaginario science fiction che segna tutti i dischi dei canadesi. Proprio per la particolarità della loro proposta, i Voivod sono tuttora o amati o odiati, non esistendo praticamente mezze misure fra questi due estremi. In ogni caso, è impossibile rimanere indifferenti di fronte al groviglio inestricabile di riff arzigogolati – ma che sanno mantenere una perfetta coerenza intrinseca – e mutanti presenti in un’opera come questa, basata fra l’altro su di un concept fantascientifico degno del miglior Philip K. Dick (anche se meno influenzata dal trascendente). Alle volte pare di trovarsi al cospetto di una sorta di trasmutazione dei King Crimson in chiave thrash metal, e il gruppo stesso non ha mai fatto mistero di aver un grosso debito nei confronti delle grandi compagini progressive e psichedeliche degli anni Sessanta/Settanta. Il flusso sonoro di brani come “Experiment”, “Chaosmöngers”, “Technocratic Manipulators” e “Macrosolutions to Megaproblems” avanza a ondate, andando a comporre mini sinfonie metalliche che per originalità non trovavano paragoni allora e non ne trovano ancora oggi; i testi sono deliri lucidissimi, buoni per qualche micro realtà parallela. L’incredibile introduzione percussiva di “Tribal Convictions” è l’ulteriore tocco di genio di una formazione sottovalutata da troppi, che nel disco successivo ripeterà la formula di “Dimension Hatröss” con ancor più coraggio e creatività.
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