L’idea geniale degli Elio e le Storie Tese è stata far convergere in un’unica soluzione la demenzialità punk degli Skiantos, l’arte dell’insulto degli Squallor, l’iperbolica e graffiante ironia di Frank Zappa e una preparazione musicale di prim’ordine (la band usava esercitarsi in cover dei Weather Report, tanto per gradire). Gli intermezzi posti fra un brano e l’altro sono a volte quasi più esilaranti delle canzoni stesse, senza nulla togliere a classici del calibro di “John Holmes” (salace), “Cateto” (surreale), “Silos” (scatologica), “Cara ti amo” (politicamente scorrettissima), “Piattaforma” (delirante) e “Cassonetto” (cinica e scomoda). Fra rock e funk, disco e progressive, synth – pop e fusion il crossover inusitato di Elio, Rocco Tanica, Faso, Cesareo e del compianto Feiez è, in realtà, più serio di quanto si creda. E gli EEST si sapranno superare nel successore di “Elio Samaga Hukapan Kariyana Turu“, peraltro già imprescindibile.
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