Crossover alla francese. Si potrebbe definire così la patchanka, titolo dell’esordio discografico dei Mano Negra divenuto pure nome di un particolare genere musicale che mescola rock scattante, battiti reggae, sfumature ska, soluzioni rubate al raï (stile popolare algerino), afrori latini (Antoine e Manu Chao, i due leader della formazione, sono di origine spagnola) e persino qualche scampolo di chiara melodia francofona. Il tutto unito dal collante del punk, inteso soprattutto come attitudine antagonista e socialmente impegnata. Tanta confusione (sulla carta) è invece perfettamente amalgamata in questo secondo disco dei parigini che, oltre a contenere la celebre “King Kong Five”, mette in mostra altri carichi da novanta quali “Sidi H’ Bibi”, “Peligro” e “Soledad”. “Puta’s Fever” rimane il miglior lavoro di quest’ensemble meticcio, che avrà grossa fortuna in Europa continentale e in Sudamerica, fino allo scioglimento e al lancio della carriera solista di Manu Chao.
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