E’ impossibile stabilire quale sia il disco più influente dei Kyuss, se il precedente “Blues For The Red Sun” (1992) o il qui presente “Welcome To Sky Valley“. Tuttavia, se si dovesse indicare il manifesto definitivo dello stoner rock, il secondo avrebbe la precedenza. L’impatto di questi 10 brani, suddivisi in 3 ‘movimenti’, non è stato pareggiato da nessun altro. La pesantezza di riff e distorsioni è ciclopica, il vecchio hard dei Settanta muta in qualcosa di immensamente più distruttivo e inquietante, le cadenze di chitarra, basso e batteria radono al suolo qualsiasi cosa gli si pari di fronte. E in più Garcia, Homme, Bjork e Reeder aggiungono nuovi elementi al loro sound, cosicché il disco risulta persino vario e multiforme, a dispetto della sua natura di immane globo infuocato. In “Gardenia” vengono incluse digressioni funk, e stesso trattamento viene riservato alla brevissima introduzione dell’altrimenti violentissima “100°” (fahrenheit, ovviamente). C’è poi la spettrale ballata acida “Space Cadet”, in cui il controcanto della chitarra acustica di Homme lascia trasparire influenze raga rock che potrebbero figurare nel canzoniere dei Byrds, e il delirio psichedelico della strumentale “Asteroid”, ovvero lo space rock riletto secondo l’ottica ‘desertica’ dei Kyuss. “Welcome To Sky Valley” non venderà molto, e lo stoner rimarrà per sempre un fenomeno di nicchia, eppure certe intuizioni contenute in queste tracce verranno riciclate da nomi insospettabili del firmamento rock.
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