Il precedente “No Code” (1996) aveva lasciato scontenti diversi fan: in “Yield” i Pearl Jam vorrebbero recuperare lo stile degli esordi, ma rimangono in realtà molto attenti alla forma-canzone propriamente detta, per favorire l’immediatezza delle composizioni. In effetti il rock dei Nostri è decisamente più adulto e meno selvaggio rispetto al passato, il blues confluisce naturalmente nelle tracce del lavoro, rendendo vintage pezzi come “Pilate”, mentre “Do The Evolution”, uno dei momenti più incisivi e hard del cd (insieme a opener e “MFC”), viene utilizzata per girare un video promozionale del lavoro. Complessivamente non ci si strappa i capelli, tuttavia se da studio i Nostri potranno permettersi sperimentazioni di ogni sorta (fino a un ritorno deciso al rock duro dal 2006 in poi), è dal vivo che il gruppo riesce negli anni successivi ad affermarsi come act imprescindibile e autore di spettacoli trascinanti e secondi a pochi nel panorama internazionale. I maligni diranno che i Nostri campano di rendita sui primi tre colossali album, gli altri continueranno serenamente a goderseli on stage…
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