L’esordio di Jesu rappresenta una delle più riuscite produzioni per Justin Broadrick, che ricordiamo per esser stato nei fondamentali Godflesh. E questo debutto ha davvero poco da invidiare a dischi del calibro di “Streetcleaner” o “Pure“. “Jesu” mostra un suono dai due volti, che grazie al talento visionario di un genio come Broadrick coniuga tradizione e innovazione: ecco quindi i consueti bassi siderali, la lentezza esasperante e le strutture reiterative dell’industrial doom più oppressivo, le litanie funebri mutuate da realtà come Swans e Killing Joke, le movenze cingolate e dissonanti dei Godflesh stessi. Ma, accanto a tutto ciò, sono palesi inedite influenze psichedeliche, in grado di trasformare questi monoliti di disperazione in vere e proprie elegie di intimo sconforto esistenziale: è grazie al massiccio uso delle tastiere che i brani assumono un carattere quasi ipnotico, tanto da dilatare ancor di più le volute sonore degli stessi, strizzando l’occhio alla musica ambient e a certo post rock. Post industrial metal, se proprio gli si vuole trovare un’etichetta.
Categorie
- Anniversari (74)
- Classifiche (61)
- Migliori Album (2.316)
- Storia della Musica (60)
- Underrated (11)