Questa volta Stephen O’Malley e Greg Anderson hanno superato se stessi, smarcandosi definitivamente dal drone duro e puro e andando ad esplorare regioni musicali che in passato non avevano mai osato approfondire sino a questo punto. Certo la componente più legata al metal e al doom super rallentato rimane, ma ormai il fine non è più quello di realizzare lunghi brani densi solo di vibrazioni, feedback e riverberi infiniti, bensì quello di comporre veri e propri pezzi d’avanguardia. Complessi, mutevoli, sicuramente oscuri, a volte persino epici. Più che al jazz sperimentale “Monoliths & Dimensions” guarda alla classica contemporanea, sia europea sia americana. In questo senso le intuizioni del Ligeti di “Atmosphéres” e del Reich di “Music For 18 Musicians” attraversano l’album in lungo e in largo, vivificando le visioni di solida tenebra che O’Malley e Anderson sono soliti rappresentare. Nascono così quattro composizioni riuscitissime nel loro giostrarsi fra vecchio drone sfiancante e nuovo sinfonismo d’avanguardia.
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