Shock – rock. Horror – rock. Definizioni appositamente coniate per Alice Cooper, che contribuirà come nessun altro a fondere il suono hard con tematiche e immagini forti e macabre, attinte direttamente dal cinema horror e dal mondo dei fumetti. Dopo un paio di dischi prodotti sotto l’egida di Frank Zappa e parodianti la musica psichedelica, Vincent Furnier capisce che per lui e la sua band la ricetta giusta è diversa: sfrontato hard rock nella musica, humor nero al vetriolo nei testi e grand guignol sul palco. Forte di quest’illuminazione, realizza nel 1971 ben due dischi che illustrano al meglio la volontà di shoccare i genitori e ammaliare i ragazzi tramite una sorta di ottovolante dell’orrore, tenendo ben presente le ansie e i sogni dei kids d’America. “Love It To Death” può contare sul singolo “I’m Eighteen”, teatrale e impetuoso, mentre in “Killer” a spiccare è il garage rock Detroitiano di “Under My Wheels” (un titolo un programma) e gli otto minuti di “Halo Of Flies”, ossia il progressive rock secondo Alice Cooper. Spesso denigrata dalla critica, la creatura ideata da Furnier avrà invece un’influenza capitale su molto del glam metal degli anni Ottanta e su quanti cercheranno di spaventare i benpensanti con pose ‘sataniche’ e spettacoli ad effetto, vedi Marilyn Manson.
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