Il quinto album è quello buono per Elton John. Certo, già il precedente “Madman Across The Water” aveva venduto benissimo e rivelava molte delle doti dell’eccentrico musicista inglese. Ma solo con “Honky Chateau” il suo stile viene portato a un livello più fruibile per il grande pubblico, soprattutto nel clamoroso successo di “Rocket Man”, rock ballad introdotta dal piano e dalla voce del Nostro, e nel R&B saltellante di “Honky Cat”. Spesso derubricato a puro fenomeno da gossip, più interessato agli uomini e a condurre una vita esageratamente sfarzosa rispetto alla musica (anche a causa di una carriera molto altalenante), ci si dimentica la rivoluzione operata da John nel pop: per la prima volta il pianoforte, usato sino ad allora come accompagnamento o abbellimento, è posto al centro della ribalta a scapito della chitarra. Nasce il piano – rock, sfociato nel soft rock e nel pop vero e proprio, generi ai quali il cantante e pianista fornisce gran parte del lessico sonoro. Non è certo al glam più pacchiano che si ferma la sua influenza. Piaccia o non piaccia, qua si sta parlando di una figura fondamentale per capire l’evoluzione della popular music negli ultimi quarant’anni.
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