Gentle Giant – Octopus

L’opera più ambiziosa dei Gentle Giant è probabilmente anche il capolavoro del gruppo britannico. “Octopus” mostra la band dei fratelli Shulman all’apice delle sue possibilità. Si sprecano i preziosismi tecnici, ma questi sono sempre giustificati dal contesto, non sono mai fuori luogo né sono pesanti da assimilare. È in questo quarto album che il complesso riesce a proporre, ormai compiutamente, un suono che media felicemente fra le problematiche ritmiche dei King Crimson e le levigate melodie medievali/rinascimentali dei Genesis. Due aspetti che confluiscono armoniosamente in composizioni dal grande fascino quali “The Advent Of Panurge”, “Raconteur, Troubadour” e “Knots”, una sorta di madrigale moderno dagli impervi sentieri vocali, reso originalissimo dall’uso dello xilofono. Stupenda la quasi fusion della strumentale “The Boys In The Band”, stimolanti gli accenti hard di “A Cry For Everyone” e “River”. I riferimenti letterari citano Rabelais, Camus e lo psichiatra scozzese R.D. Laing. 34 densissimi minuti che rappresentano uno dei vertici del progressive dei Settanta, mai apprezzati per quel che realmente valgono.

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