Assemblata da Lenny Kaye, critico ed esperto di R&R originario nonché futuro membro del Patti Smith Group, “Nuggets” ha rappresentato una svolta fondamentale nel campo della musica ‘giovane’. Perché è la prima volta in cui il rock si guarda indietro e riflette su se stesso, si ‘storicizza’ in un certo senso. Concentrando in un doppio vinile ben 27 canzoni di altrettante band garage rock statunitensi dei meravigliosi Sixties, questa compilation getterà un ponte verso il punk istituzionalmente riconosciuto, che si manifesterà da lì a un lustro. In questo modo chiuderà una sorta di cerchio ideale: i gruppi che in America, eccitati dal sound della British Invasion, spuntarono come funghi cercando di emulare con selvaggia irruenza gli idoli britannici (dagli Stones agli Who), a loro volta influenzeranno non solo i loro compatrioti, ma soprattutto il suono acuminato del punk inglese ed europeo, giungendo sino alla new wave e alla neo psichedelia degli anni Ottanta. In breve, un capitolo memorabile nella storia del rock. Oltre ai nomi più noti racchiusi in questi solchi (The Electric Prunes, The Standells, The Seeds, The Shadows Of Knight, 13th Floor Elevators, Count Five, Blues Magoos, etc.), “Nuggets” ha l’enorme merito di aver riportato alla luce complessi minori, che spesso solo per sfortuna non ottennero il benché minimo successo. Fra questi, da ricordare il garage blues ispirato da Dylan dei Mouse, il proto punk psicotico dei The Remains e l’ottima cover di “Hey Joe” realizzata dai The Leaves, qualche mese prima che Hendrix rendesse il brano celeberrimo. È consigliabile procurarsi la ristampa della Rhino Records del 1998, meraviglioso cofanetto allargato a 4 cd che scandagliano ancora più a fondo il fertilissimo underground a stelle e strisce dei tempi.
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