Tuttora attivi, gli Inti-Illimani sono stati uno dei gruppi – simbolo delle tensioni politiche degli anni Settanta. Soprattutto in Italia, paese in cui si sono rifugiati nel 1973, dopo esser fuggiti dal natio Cile, nazione caduta proprio in quell’anno sotto la dittatura del generale golpista Augusto Pinochet. Ottenuto l’asilo politico, sono rimasti in territorio italiano fino al 1988, pubblicando una miriade di dischi, tutti molto simili e tutti devoti verso un peculiare incrocio fra musica tradizionale andina e canzone rivoluzionaria. Tecnicamente ineccepibili, sebbene non eccessivamente fantasiosi, i loro album non avrebbero però riscosso lo stesso successo di pubblico se fossero stati privi dell’aiuto del tempestoso humus politico e sociale dell’epoca. Invece i giovani comunisti degli anni Settanta li elessero paladini indiscussi della rivoluzione globale, facendo lievitare le vendite di ogni singolo titolo. “Canto de pueblos andinos”, raccolta di precedenti composizioni già edite, è forse l’LP più famoso nel nostro paese (sarà 17esimo nella classifica di fine anno), ed è anche quello che meglio li rappresenta musicalmente: “Mis Llamitas” è, probabilmente, il loro capolavoro.
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