Quando ormai in Europa il progressive si sta avviando sul viale del tramonto, ci pensano alcuni gruppi nordamericani a riprenderne la lezione. Su tutti spiccano i Kansas, provenienti dall’omonimo stato, che con il quarto album realizzano il loro capolavoro. “Leftoverture” non sarà solamente baciato da uno straordinario successo commerciale, conquistando cinque dischi di platino in patria; diventerà anche un punto fermo per tutto il movimento prog metal degli anni Novanta. Con la sua miscela di hard rock, country, folk, rhythm and blues e complesse partiture per tastiere, sintetizzatori e violino, il sestetto di Topeka inaugura la via americana al prog rock, spesso detestata dai critici, ma ricca di un’indubbia originalità. Nel fortunatissimo singolo “Carry On Wayward Son” si fondono chitarre alla Deep Purple, stacchi pianistici neoclassici, virtuosismi alla Yes e melodie vocali dall’alto appeal radiofonico: un mix che farà breccia nel cuore di molti. Altra canzone altamente significativa è la lirica “The Wall”, che stretta fra il timbro del violino e delle tastiere si libra maestosa e romantica. Infine, chiudono il disco gli otto minuti di “Magnum Opus”, suite suddivisa in sei parti che raccoglie l’eredità di Genesis e King Crimson declinata in senso hard & heavy, in un turbine di cambi di tempo, ritmo, timbri e atmosfera. Senza “Leftoverture” i Dream Theater non sarebbero neppure pensabili.
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