Strana storia quella dei Modern Lovers, garage band fondata fuori tempo massimo dal timido cantante e chitarrista Jonathan Richman. Attivi dal 1970 al 1974, in questo lasso di tempo i bostoniani riuscirono a incidere una manciata di brani influenzati dalle band protopunk dei Sixties, in cui però l’innocenza di quelle vibrazioni veniva sporcata dall’alone caliginoso dei Velvet Underground, di cui Richman era un grandissimo fan. Ma nella prima metà dei Settanta nessuno era interessato a roba simile, tanto che per veder uscire “The Modern Lovers” Richman e compagni dovettero aspettare il 1976, ossia quando il gruppo non esisteva più da un pezzo. Nondimeno, le nove tracce qui presenti sono ormai passate alla storia per aver influenzato miriadi di musicisti new wave e post – punk, con quel loro incedere lieve e cupo e tagliente al tempo stesso. Canzoni come “Roadrunner”, nella quale l’organo spinge forsennato mischiando Doors, Seeds e VU, e le non meno imprescindibili “Pablo Picasso”, il cui passo funereo prelude ad alcune trovate dei Wire, e “She Cracked”, darkwave ante litteram, marchieranno a fuoco il futuro del rock.
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