E così, all’improvviso, Robert Fripp contraddice il se stesso di sette anni prima e rifonda i King Crimson, per una nuova e indimenticabile versione della band progressiva più importante della storia. Un ritorno benedetto da tutti, soprattutto da chi la musica la ama davvero. Per nulla nostalgico, “Discipline” mostra un sound del tutto rinnovato, in cui il chitarrista ricalcola i propri intenti artistici e prende il meglio dai fermenti new wave e post – punk. Ad ascoltare i poliritmi incalzanti e il substrato funk di “Thela Hun Ginjeet” pare di trovarsi di fronte a una versione alternativa dei Talking Heads, così come le progressioni strumentali di “Frame By Frame”, “The Sheltering Sky” e della title – track evolvono in forma futuribile le atmosfere di un disco come “Larks’ Tongues In Aspic” (1973), mentre “Matte Kudasai” fa tesoro dell’esperienza di Fripp con Brian Eno e “Indiscipline” rispolvera la durezza di “Red” (1974). Dagli anni Settanta è rimasto solo il batterista Bill Bruford, con il quartetto completato dai virtuosi Tony Levin al basso e Adrian Belew a chitarra e voce: fantastici i barriti chitarristici presenti in “Elephant Talk”, non clowneschi numeri da circo bensì di qualità pittorica. Un disco che si sintetizza in una parola: geniale.
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