Il trionfo dei Duran Duran. Riascoltato oggi, è difficile credere che un album come “Rio” fosse stato guardato con molto sospetto (nel migliore dei casi, nel peggiore con disprezzo) dai critici dell’epoca. Eppure, la duranmania scoppiata fra le adolescenti di tutto il mondo finì per far storcere il naso a molti, e contemporaneamente aiutò il quintetto inglese a vendere milionate di dischi: sarà doppio platino negli States e spalancherà definitivamente le porte del mercato americano alla formazione. Oggi tutto questo conta poco: stiamo parlando di uno dei più grandi capolavori del movimento new romantic, in cui le intuizioni contenute nell’esordio vengono perfezionate e spinte ai propri vertici. Più che il lento beatlesiano “Save A Prayer”, qui preme ricordare le fascinose anche se meno note “Lonely In Your Nightmare” e “Last Chance On The Stairway”, il ritmo trascinante di “New Religion”, il gran lavoro di basso, batteria e tastiere su cui è costruita “Hungry Like The Wolf” e, infine, la magniloquenza sibaritica della title – track (da non perdere neppure il video, fra i pochi a saper svelare gran parte dell’immaginario yuppie degli Ottanta), i cui riff portante di chitarra e assolo di sax nel break centrale sono semplicemente fra i momenti più alti di tutta la new wave.
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