Chi può dirlo? Può darsi che, accanto all’impetuoso “Buzz Factory”, l’altro disco davvero imprescindibile degli Screaming Trees sia “Uncle Anesthesia”, precedente di un anno “Sweet Oblivion“. È comunque certo che il trittico fondamentale della band di Mark Lanegan sia proprio questo, con il capitolo mediano ideale punto di contatto fra gli ardori ancora punk dei primi lavori del complesso e il Dolce Oblio, invece, già interamente proiettato verso quel clima agreste e immemorabile che immerge in lega quintessenziale le pulsioni hard del grunge negli specchi d’acqua cristallina della tradizione americana, fatta di folk, blues, country e spiriti che abitano le grandi distese della frontiera. “Dollar Bill” e “More Of Less” sono due ballate elettriche che fanno il paio con le più pesanti “Shadow Of The Season” e “Troubled Times” nel tratteggiare un quadro di ineguagliabile grazia scossa da visioni di opaca bellezza. Il successivo “Dust” (1996) non sarà all’altezza di “Sweet Oblivion”, i solisti di Lanegan sì, eccome.
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