Il periodo d’oro dei Corrosion Of Conformity rimane confinato agli anni Novanta. “Blind” (1991) rappresentava la cesura fra il decennio precedente, con la band di Pepper Keenan impegnata a sfornare inni hardcore punk, e quello che sarebbe venuto dopo: ossia un possente southern metal imbevuto di hard settantiano e suggestioni stoner. “Deliverance” (1994) e “Wiseblood” (1996) suggellavano il nuovo indirizzo sonico, vendendo centinaia di migliaia di copie negli States e influenzando persino i Metallica nella stesura di “Load” (non è un caso se i Four Horsemen chiameranno i C.O.C. a supportarli nei tour del periodo). “In The Arms Of God“, a parte la prolissità un po’ troppo accentuata, ha l’unico torto di venire dopo, quando ormai il nome di Keenan e soci è stato dimenticato da quasi tutti (eccezion fatta per le scorribande del leader nei Down di Phil Anselmo). Eppure ha tutte le carte in regola per non sfigurare di fronte ai vecchi capolavori. Grande impatto, grandi riff (sudisti in “Stone Breaker”, Sabbath-iani in “Paranoid Opioid”), grande groove (sentitevi “Dirty Hands Empty Pockets”), furia esecutiva in bilico fra rock duro e metal propriamente detto, livello di scrittura quasi sempre sopra la media. Da recuperare.
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