Partiti come epigoni del gothic doom/death metal inglese di Paradise Lost, My Dying Bride e Anathema durante gli anni Novanta, nel corso del tempo gli italiani Novembre sono cresciuti moltissimo, diventando una delle voci più interessanti per il metallo tricolore. “Classica” (1999) e “Novembrine Waltz” (2001) segnavano già un passaggio a un suono più personale, in cui ad arricchire le coordinate di base s’inseriva una peculiare vena progressiva. È però “Materia” a portare a compimento l’evoluzione: ascoltandolo, si ha la sensazione di essere circondati da una foschia diffusa; tutto ciò che abbiamo attorno perde i suoi contorni definiti, divenendo sfocato. Le chitarre giocano il ruolo principale ricamando melodie su melodie e interagendo con la sezione ritmica che ha il compito di scandire il tempo nella dimensione del disco. Unendo tutto ciò ad un ottimo lavoro di songwriting, ora in italiano ora in inglese, ci si trova davanti ad un’opera centrale per l’underground italiano. A svettare nella nebbia due brani, “Memoria stoica/Vetro” e “Geppetto”, irripetibili.
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