Se il precedente “Matriarch” ha segnato la svolta per i Veil Of Maya, accantonando i tecnicismi e servendosi per la prima volta nella loro storia del cantato pulito offerto dal nuovo vocalist Lukas Magyar, andando a sacrificare di conseguenza growl e screaming, con “False Idol”, il sesto album della band di Chicago, si prosegue sulla medesima rotta. Più che il disco in sé (le idee ci sono, ma spesso e volentieri si tratta di spunti molto derivativi), è la scelta dei Veil Of Maya di snaturarsi dalla propria incarnazione originaria, per seguire quella specifica corrente del progcore nella quale sono i Periphery a dettare legge più di chiunque altro (per inciso, la voce di Magyar è pericolosamente affine a quella di Spencer Sotelo), in un trend che non accenna ad estinguersi con il passare del tempo, e che ha influenzato e influenzerà molte altre band nel corso degli anni.
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