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Warrior Soul – Last Decade Dead Century

Sempre per la vecchia questione wrong place wrong time, negli anni passati è accaduto talvolta che la band potesse anche essere nel posto giusto al momento giusto…e non funzionare ugualmente.

I Warrior Soul rappresentano una di queste poche eccezioni, coincidenza che non influirà – appunto – sul risultato finale: Kory Clarke raccoglierà molto poco di quanto seminato. Anzi ancora meno, stando a quanto fatto scrivere dal cantante stesso sul retro copertina di “Fucker” (1996) parlando del suo gruppo: “La band che ha combattuto l’America, il Sistema… e infine ha perso“.

I Warrior Soul hanno pubblicato tra il 1990 e il 1992 tre bellissimi album che, nel tempo, sono stati decisamente riconsiderati da una parte abbondante della cosiddetta critica specializzata. La motivazione del loro mancato successo di allora presso le masse, viene spesso rintracciata nell’esplosione del grunge e nella coincidenza che vide la loro etichetta discografica del tempo (la Geffen) essere troppo “impegnata” con Nirvana e Guns N’ Roses per prestare la giusta attenzione alle produzioni dei WS.

Oltre a questo Kory Clarke è da sempre stato uno che ha amato fare di testa propria sin dall’inizio. E si sa, molto spesso, nel mercato discografico ma anche nella vita, quando non si è troppo inclini non dico ad accettare, ma quanto meno a valutare compromessi, non è detto che si finisca sempre bene (anzi).

Detto questo, la musica dei Warrior Soul nei Novanta era adatta sia a chi si faceva di street e hard rock stile Skid Row e Guns appunto, sia a chi apprezzava derive più punk/metal, senza dimenticarsi del grunge o di influenze new wave e psych rock. Un crossover coraggioso insomma, ma in molti sensi anticipatore di ciò che arriverà.

A questo aggiungete l’attitudine punk e no compromise del frontman, capace nelle sue lyrics di andare dritto contro l’establishment americano, parlando della fine di quel “Sogno” ritenuto da molti inattaccabile a priori, ma anche di sfruttare un’ugola particolare e sicuramente distinguibile, in grado di sbraitare o creare melodie accessibili anche nei brani più tirati.

Senza dilungarsi troppo a parlare di posizioni politiche, che tra l’altro a distanza di 30 anni possiamo dire essere state indubbiamente profetiche, “Last Decade Dead Century“, esordio dei Warrior Soul, viene accolto bene all’epoca e vende abbastanza (sempre per gli standard di allora).
L’impatto senza fronzoli di “I See The Ruins” e “Downtown” vanno d’accordo con la sofferenza cadenzata di “Losers” e “Lullaby”, tanto quanto con la vivacità di “Charlie’s Out of Prison”. I brani sono tutti figli della realtà che racconta Clarke, ovvero quella del primo Bush, della fine delle illusioni e di una realtà devastante per molti. “In Conclusion” è l’ultimo pezzo in cui il singer cerca quanto meno di indicare una strada da intraprendere per una riscossa necessaria a emarginati e ghettizzati. Funzionerà?

I due lavori successivi (“Drugs, God and the New Republic” e “Salutations from the Ghetto Nation“) porteranno la produzione dei Warrior Soul a livelli qualitativi anche superiori a questo esordio, ma non troveranno traini promozionali sufficienti per far conoscere il verbo di Clarke e compagni al pubblico di massa. “Chill Pill” con la sua vena lisergica e il punkettino melodico (senza pretese ma assai divertente) di “The Space Age Playboys” chiuderanno sostanzialmente una parabola terminata bruscamente e con pochissime soddisfazioni di sorta.

A prescindere dalle “colpe” che vorrete trovare o assegnare per il mancato boom dei Warrior Soul, resta la possibilità di recuperare oggi godendosi senza troppi ragionamenti almeno tre dischi di alto livello.
Lavori che qualsiasi appassionato che si rispetti della scena di Seattle piuttosto che di alternative metal dovrebbe conoscere a menadito. Anche chi apprezza Faith No More, Jane’s Addicition e, perché no, Monster Magnet, farebbe bene a dare una chance al verbo di Kory Clarke.

Giusto tra una settimana si celebrerà il trentennale dall’uscita di “Drugs, God and the New Republic”, una ricorrenza chiaramente meno conosciuta di “Nevermind” e molte altre, ma che meriterebbe più attenzione su webzine musicali e dintorni.