Al di là di certe pose da santoni della musica, bisogna essere eternamente grati ai Tool per aver saputo rileggere progressive e psichedelia attraverso un punto di vista del tutto nuovo. E con “Aenima” il quartetto formato da Maynard James Keenan, Adam Jones, Justin Chancellor e Danny Carey realizza già un capolavoro epocale, nonostante si tratti appena del secondo disco. Sorta di novelli Van Der Graaf Generator, dai quali hanno mutuato angosce esistenziali e suoni cupi e gotici, i Nostri imbrigliano in una fittissima rete di riferimenti e citazioni frustate metal, umori grunge, ambient liquescente, scorie electro/noise e progressioni ritmiche talmente oblique da non aver precedenti nel mondo del rock. Perché, nonostante un grado di complessità elevatissimo e numerosi agganci con il suono più duro dei tempi, i Tool sono essenzialmente un grande gruppo rock tout court, in grado di riempire palazzetti e vendere milioni di dischi. Aiutati anche da video claustrofobici e perfettamente aderenti alle note che intendono traslare in immagini, i singoli “Stinkfist” e “Ænema” fanno conoscere al grande pubblico questi incredibili 77 minuti di musica, assimilabile a null’altro se non a se stessa, ideale ripensamento e ricreazione di ambientazioni e stati mentali che si pensavano spariti almeno due decenni prima. “Aenima” sarà, insieme al suo successore, la pietra angolare per l’art rock del futuro.
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