L’ultima epifania per la house music è rappresentata da un duo francese che muta nome da Darlin’ a Daft Punk in ‘onore’ di una stroncatura ricevuta dal Melody Maker, che aveva bollato la musica dell’allora trio come “a daft punky thrash”. Già, ai tempi da quelle parti si faceva ancora rock con chitarre, ma in seguito all’abbandono di Laurent Brancowitz i due superstiti Thomas Bangalter e Guy-Manuel de Homem-Christo voltano pagina e sfondano con una geniale miscela di Chicago house, funk robotizzato e attitudine prettamente pop, il tutto spalmato su reminiscenze Kraftwerk-iane. Il loro raggio d’azione si sposta dagli addetti ai lavori su fino agli appassionati di rock, come da lezione big beat, anche se fra loro e gli act inglesi post rave c’è un oceano di distanza, non solo lo Stretto della Manica. Fatto sta che “Homework” è uno dei dischi di musica elettronica più stimolanti di quell’anno e dell’intera decade.
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