L’allucinante alienazione dalla realtà industriale opprimente, la follia e l’era delle macchine che domina un’umanità che ha perso ogni riferimento. Stordenti nenie e grida abnormi (“Oh My Fucking God” e “Home Nucleonics”) si odono sotto tonnellate di noise metal, elettronica e sintetizzatori che sferragliano inquieti mentre mostruosi riff thrash metal guidano un assalto che si fa sempre più insostenibile (“Detox” e “Underneath The Waves”). In tutto questo delirio, tuttavia, sopravvive ancora qualche barlume di lucidità che narra di incubi e storie di instabilità psichiche, filtrate da uno humor nero tutt’altro che scontato e da un’orecchiabilità sorprendentemente evidente (“Aaa”). E’ un’esperienza da cui non si esce vivi “City”, meraviglioso disco degli Strapping Young Lad, secondo album della band guidata dal genio schizzato e dalla personalità bipolare di Devin Townsend, uno dei pochi veri musicisti innovatori in ambito estremo dell’ultima parte del Millennio. Assolutamente imperdibile.
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