Tool – Lateralus

I Tool impiegano 5 anni per dare un successore ad “Ænima” (ma nel mezzo si sono posti gli A Perfect Circle di Maynard Keenan); però, al suo arrivo, “Lateralus” è salutato immediatamente come un capolavoro. Al netto dell’hype del periodo, si possono tuttora comprendere gli elogi indirizzati all’album. Si tratta effettivamente di un’opera d’arte, fra le poche che sinora abbia prodotto il rock del 21esimo secolo. Ogni dettaglio è curato nei minimi particolari, a cominciare dal libretto, una serie di tavole anatomiche che dissezionano l’uomo fino a penetrarne la scatola cranica (e nell’ultima tavola, nascosta nelle circonvoluzioni cerebrali, si legge la parola “God”). I rimandi mistici, esoterici o ‘semplicemente’ scientifici informano tutti i 78 minuti di questa gigantesca astrazione mentale messa in suoni: la successione di Fibonacci sillabata da Keenan nella title – track pone i Tool in contatto con le avanguardie ‘colte’ del Novecento e, ancor di più, con gli esperimenti ‘oltre rock’ delle band progressive dei Settanta (King Crimson e Van Der Graaf Generator su tutti). “Lateralus” è proprio questo, uno sterminato fluire spiraliforme di movenze prog aggiornate al post rock e all’alternative metal, a loro volta imbevute di psichedelia proteiforme, talora sottilmente tribale talaltra oltremodo straniante e ‘malata’. Al contrario del predecessore, qui è impossibile disgiungere una traccia dall’altra: ognuna di esse compone una sorta di Tesseract dalla valenza quasi metafisica. Cervellotici e forse persino un po’ ‘spocchiosi’, i Tool. Ma capaci pure di realizzare le proprie ambizioni in modo realmente geniale. Almeno fino a “Lateralus”.

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