Dopo un paio di cd notati soltanto all’interno della scena indie pop/rock italiana, “Sussudiario illustrato della giovinezza” (2000) e “La moda del lento” (2003), con “La malavita” i Baustelle spiccano il salto verso la stardom nazionale (l’album si aggiudicherà il disco d’oro). Un successo meritato, almeno limitatamente a questo terzo lavoro, vero e proprio gioiello di testi intrisi d’amarezza e sarcasmo cantanti sopra una base di scintillante pop introspettivo. Quello de “La malavita” è un sound vellutato ispirato dal Morrissey solista piuttosto che da certe atmosfere settantiane (cfr. la traccia d’apertura, “Cronaca Nera”, che potrebbe fungere da colonna sonora ad un poliziesco all’italiana), dove frequenti sono gli arrangiamenti orchestrali con tanto di archi giustapposti ad un chitarrismo limpido e perfettamente a fuoco. L’impressione complessiva è quella di uno straordinario ‘contrappunto’ emotivo, che scaturisce dallo ‘scontro’ fra una musica cinicamente ‘allegra’ e parole intrise di pessimismo e morte cantate da Francesco Bianconi, mastermind del trio. Il successore “Amen”, del 2008, debutterà direttamente al numero quattro delle classifiche e agguanterà il platino, estendendo la notorietà dei Baustelle a livelli impensabili solo pochi anni prima. La qualità de “La malavita”, però, non verrà mai più sfiorata.
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