Il decennio secondo Outune – Zona Mainstream pt.2

Un po’ tardi? Forse, ma a volte conviene prendersi un mese in più e analizzare bene la situazione. Eccovi il nostro resoconto sui dischi e gli artisti che hanno segnato il decennio appena trascorso. Il sound degli anni ’00, senza limiti di genere, passando da quelli che conoscono tutti, a quelli che solo alcuni ascoltano. Mancherà questo oppure quell’altro, ma sicuramente molti dei presenti hanno lasciato qualcosa di grosso tra il 2000 e il 2009, hanno fatto parlare di sé e hanno colpito un folto pubblico, che poi vi piacciano o meno questo è un altro paio di maniche…

System Of A Down – Toxicity (2001). Per tipo un quarto d’ora sono stati i nuovi messia del metallo. Ora ce ne siamo già dimenticati tutti. Di sicuro faranno una bella reunion, prima o poi, ma il segno col loro impegno sociale post amerika in iraq, i loro ritmi forsennati e il loro cantante da opera medio orientale l’hanno di sicuro lasciato.

Avril Lavigne – Let Go (2001). Ci ha tenuto compagnia per tutta la decade, diventando sempre più bella e brava. Il suo esordio venne inizialmente sottovalutato, poi dato che continuava a vendere inesorabile, è diventato un cult specialmente tra i più giovani.

Tool – Lateralus (2001). Dopo il grunge à la Soundgarden di “Undertow” e la psichedelia cupissima di “Aenima”, è con “Lateralus” che i Tool sviluppano appieno il loro suono e s’impongono quali unici veri eredi delle schiere progressive dei Settanta. Gli incastri sonori dei King Crimson e le angosce esistenziali dei Van Der Graaf Generator rivivono in suoni che più moderni non potrebbero essere. E, nonostante una musica ostica e cerebrale, la band californiana vende milioni di dischi e si esibisce davanti a fiumane di gente. Il più importante gruppo di progressive rock degli anni Zero.

Alicia Keys – Songs In A Minor (2001) / Joss Stone – Mind, Body & Soul (2004) / Norah Jones – Come Away With Me (2002). L’assalto dell’anti-pop. Ognuna di queste giovani e incredibilmente dotate artiste ha dato nuova linfa ai rispettivi generi ‘da vecchietti’ e fatto capire come la giovani promesse non sono tutte sculettate e video ammiccanti. Ce n’è per tutti i gusti.
Alicia Keys: la favola definitiva, la ragazzina che cresce da sola con la madre a New York (Hell’s Kitchen), si ostina a suonare il pianoforte in mezzo alle pistole e alla droga e alla fine diventa la dea dell’R&B. Senza dover far finta di essere una ghetto superstar.
Joss Stone: una ragazzina che sembra bloccata in Erasmus in una comunità hippie svedese, piazza a sorpresa una voce soul da strappare i polmoni e tanta frizzante e naturale vitalità come davvero serviva a questa disgraziata decade…
Norah Jones: sinfonia definitiva della rivincita delle false bruttine alla Ugly Betty e trionfo della musica da Starbucks.

Coldplay – A Rush Of Blood To The Head (2002). Nella gara per la band che deve per forza piacere a tutti (primo premio: le fiamme dell’inferno, ci auguriamo), in questa decade i Coldplay hanno probabilmente strappato lo scettro agli U2.

Robbie Williams – Escapology (2002). L’ultima vera rockstar, deve ringraziare il Signore di aver venduto miliardi di dischi due minuti prima che inventassero il download degli mp3. Ora lui si può godere tutte le dipendenze e paranoie dello starsystem, e noi ci possiamo godere i live dell’ultimo grande maestro/faccia da schiaffi dell’intrattenimento.

Yeah Yeah Yeahs – Fever To Tell (2003). A vederli: fastidiosi. Sulla carta: odiosi. Sbandati fricchettoni da scuola d’arte newyorchese, Karen O si veste come se avesse avuto un incidente stradale nell’armadio. Formazione a tre con cantante, batterista e chitarrista…cosa c’è di più spocchioso? Eppure, mannaggia a loro, sanno scrivere riff e canzoni. Hanno dato decisamente nuova linfa all’indie.

Black Eyed Peas – Elephunk (2003). Anche se probabilmente tra di loro vogliono uccidersi (perlomeno Fergie e will.i.am), hanno un’energia positiva senza uguali. Senza dubbio sono loro i re della musica commerciale degli anni ’00. ‘Musica commerciale’ da intendersi come complimento, comunque: non è certo facile creare un mix micidiale di pop, hip-hop ed elettronica appetibile per tutti.

Michael Bublè – s/t (2003). Ogni decade ha il suo signorino focalizzato sul sound retrò. Nella scorsa c’era Chris Isaak (cioè, c’è ancora ma non se lo fila nessuno), in questa abbiamo quel simpatico guappo di Bublè. A colpi di mezzo pop mezzo swing mezzo Frank Sinatra dei giovani ha conquistato tutta la fetta di ascoltatori occasionali maturi che i dischi li comprano (perché non sono capaci di scaricarli) nei centri commerciali.

White Stripes – Elephant (2003). Non c’è alcun dubbio: musicalmente parlando, l’uomo del decennio si decide tra Jack White e Dave Grohl. E’ statistica: Jack, praticamente ogni anno, ha sparato qualcosa di notevole: da pooo po po poo po poooo poooo ha tirato fuori anche i Racounters, i The Dead Weather, mille collaborazioni e pure una sigla di 007. Ha riscritto il rock nella sua forma più primitiva, ha creato trend senza finirne vittima, ha nuotato controtendenza. Tanto di cappello.

Tiziano Ferro – 111 (2003) / Laura Pausini – The Best Of (2001). Menzione speciali per le nostre stelle italiane più gettonate al mondo. Il primo ha visto la sua carriera sbocciare, confermandosi campione di stile e grande artista. La seconda ha portato la sua musica in tutto il mondo, vincendo pure i Grammy: questo best ha venduto tantissimo e le ha aperto infinite strade…

The Killers – Hot Fuss (2004). C’è stato, negli anni 2000, un breve istante, una congiunzione astrale. In quel momento ai critici musicali (anche/soprattutto i fissati dell’indie), ai ragazzini rock/cool e alle ragazzine che guardavano i telefilm di MTv piaceva la stessa band: i The Killers. Poi sono diventati superstars e il resto è storia…

Franz Ferdinand – s/t (2004). Tra i primi a recuperare il sound del post-punk revivalism e dell’art rock…che non abbiamo mai capito veramente cosa sia ma sembra indie con chitarrine più divertenti e beat che fanno muovere i piedi.

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