Trent’anni di Among The Living, trentasei di Anthrax

Trent’anni fa usciva Among The Living, album che permise agli Anthrax di affermarsi in tutto il mondo come band fondamentale nell’evoluzione della musica pesante. Da allora di acqua ne è passata parecchia sotto i ponti, il gruppo ha progressivamente perso popolarità, ha saputo ricostruirsi un sound ingaggiando John Bush, ha fatto bancomat riprendendo Joey Belladonna e si è quindi rimesso a produrre dischi di inediti interessanti. In tutto questo, l’attività live dei Nostri, praticamente incessante, ha contribuito a evitare che il nome di uno degli act maggiormente importanti e innovativi degli anni ottanta, non venisse dimenticato dai fan e dagli ascoltatori più occasionali dell’universo hard & heavy.

Per celebrare degnamente una formazione storica (Scott Ian, Frank Bello e Charlie Benante sono un autentico trio delle meraviglie ingiustamente sottovalutato oltre le mura della fortezza metallara), qualitativamente validissima anche con Bush dietro al microfono e capace di collezionare pochissime cadute di tono in oltre tre decenni, abbiamo deciso di puntare su una playlist affatto scontata, quasi del tutto priva di hit per permettervi di conoscere alcune canzoni clamorose, spesso dimenticate dai più.

Jacopo Casati

Gli Anthrax con John Bush sono una delle lineup del metallo maggiormente ignorate di sempre. Spernacchiata in una primissima fase, principalmente perché arrivata subito dopo il grandissimo successo della formazione classica capitanata da Joey Belladonna, in realtà è riuscita a pubblicare tre lavori clamorosi (su “Volume 8: The Threat Is Real” manteniamo una lecita riserva) e un album di riarrangiamenti di hit del passato che è l’equivalente di quattordici serie da dieci pugni in faccia, un po’ come la famosissima copertina del debutto “Fistful of Metal”. Sarà per i polmoni d’acciaio del frontman più sottovalutato di sempre (John Bush), sarà che con lui gli Anthrax hanno potuto dare sfogo alla loro creatività limitata nella prima fase della carriera a percorsi fortemente legati ad un approccio più classico al genere, ma la Mark III degli Anthrax resta una cosa tanto, tanto grossa.

Impossibile non ricordare un brano come “Only”, canzone così perfetta da essere citata da James Hetfield come il suo pezzo preferito del gruppo e brano più esemplare di “Sound Of White Noise”. O quella “Random Acts of Senseless Violence” che li ha fatti svoltare più che in passato sulla scena hardcore punk newyorkese. O “Safe Home”, la power ballad che è solo una delle canzoni più belle di “We’ve Come For You All”, per chi scrive il miglior disco della loro intera carriera.

Da lì in poi è un ritorno al passato ma, conoscendo bene la storia della band, è un percorso che loro per primi non avrebbero mai voluto affrontare.

Nicola Lucchetta