Non so cosa ci sia di ulteriore da dire su Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band, il disco dei Beatles uscito il 1 giugno 1967 che quindi compie 50 anni tondi, con tutti i panegirici iperbolici del caso.
Sono sincera: questo album è stato scritto e commentato talmente tanto che ho pensato di cominciare questo pezzo facendo le pulci a noi fan. Ecco, pensateci realmente: oggi non è il vero cinquantennale di Sgt. Pepper. La fissazione umana di dover stabilire delle date per tutto sta riempiendo Internet di giornate mondiali, ricorrenze, anniversari di ogni tipo: ho visto articoli sui 50 anni di Sgt. Pepper su siti che non la musica non hanno nulla a che fare. Da un lato ok, riequilibriamo certe miserie culturali ricordando uno dei più bei dischi della storia della musica, ma dall’altro questa sorta di appropriazione indebita a fini celebrativi mi fa girare parecchio le palle.
I festeggiamenti per i 50 anni della banda dei cuori solitari del Sergente Pepper sarebbero dovuti cominciare mesi fa. Avremmo dovuto chiedere a Paul McCartney o a Ringo Starr il giorno preciso in cui, chiusi in studio, loro con John Lennon e George Harrison hanno dato via alle sessioni di prove che avrebbero tirato fuori il primo concept album della storia della musica.
Ma loro se lo ricorderanno, quel giorno, per consentire il profluvio di articoli e la conquista di Google Trends? Oppure saranno paraculi come in fondo sono sempre stati, e svierebbero incrociando i ricordi personali? Le auto-agiografie ai Beatles non sono mai piaciute, se si esclude lo splendore di quell’opera monumentale sulla loro carriera che è l’Anthology, curata con tutti i doveri del caso. Quell’Anthology dove George Harrison svelò che a lui Sgt. Pepper, in realtà, non piacque più di tanto realizzarlo.
Non starò a dire perché Sgt Pepper’s Lonely Hearts Club Band ha cambiato il corso della musica, perché prenderei in giro me stessa e i lettori di Music Attitude. Per scoprire aneddoti o curiosità sul disco vi basterà la voce di Wikipedia o la miriade di articoli che stanno affollando i siti mondiali da almeno tre giorni -“così ci piazziamo su Google“. Preferisco non parlarvi addosso. Prendiamo il 1 giugno 2017 per riflettere sulla necessità continua di celebrazioni della musica del passato.
Il bisogno di mettere dei punti fermi, di trovare l’inizio, di stabilire le date per poi festeggiarle, è insito nell’umanità: e per chi vive su Internet, inizia a diventare insostenibile perché ogni giorno ce ne sta una.
Ho preferito scegliere la via più semplice e sincera: ho spolverato la piastra del vinile, messo su il 33 giri, fissato la puntina all’inizio dei solchi, e dopo due/tre gracchiate ho sentito il familiare intro della title-track con il riff acido di chitarra. Ho pensato che dare modo a Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band di rientrarmi nell’anima il giorno stesso in cui fu pubblicato, sintonizzandomi sui fantasmi che evoca ancora a cinquant’anni di distanza, fosse la cosa giusta da fare. Ma non per il disco, per me. Mi è sembrato il miglior regalo di un disco che davvero non invecchia mai.
Arianna Galati