Questa è la storia del secondo album dei Foo Fighters, “The Colour And The Shape”. E’ la storia di un musicista che è stato in due band epocali, uno che si è rialzato dopo una pallottola che ha spazzato via tutto il suo mondo artistico. Dave Grohl vede il suo album rinascita compiere gli anni, venti per l’esattezza. “The Color And The Shape” è ultramaggiorenne, ha passato tutti gli anni del Nu Metal e del ritorno del Grunge con le sue tragedie connesse, quando i Foo Fighters non erano un’istituzione come adesso, uno dei più grandi gruppi che il rock ha avuto, seguito da milioni di fan in tutto il mondo.
E suona ancora bene, benissimo. Ci sono più motivi per cui il secondo album di una band nata dalle ceneri di un mito storico come i Nirvana sia riuscito a splendere di luce propria e non riflessa. Perché è il frutto di una volontà di ferro e una vocazione che ha del mitologico, tutto riconducibile alla persona di Dave Grohl, che devastato dalla perdita del compagno di band e amico Kurt Cobain, una mattina si è alzato e ha semplicemente deciso che la vita non sarebbe finita. Ha così composto il primo straripante disco di esordio omonimo “Foo Fighters” praticamente da solo nel 1995 e questo secondo “The Colour And The Shape” anch’esso con materiale esclusivamente suo. Ci sa fare Dave, sa scrivere un rock energico ma con una capacità sovrannaturale di essere schietto, diretto e orecchiabile. Così si fa aiutare negli arrangiamenti dai nuovi ingaggi Chris Shiflet, Pat Smear (già nella line up dal vivo dei Nirvana) e dal bassista Nate Mendel.
Ma se volete sapere con che furia Grohl viaggia verso la autodeterminazione del suo status di rock star al di fuori dei Nirvana sentite questa. Il batterista di allora era un certo, povero William Goldsmith. Dave gli reputava una certa mancanza di incisività che si ripercuoteva anche nelle registrazioni in studio, oltre che dal vivo. Una volta ascoltate le sue tracce di batteria, Dave decide da solo e senza consultarsi con nessuno di risuonare TUTTE le parti di batteria buttando fuori di fatto Goldsmith dalla band. Quando guardate quel faccione giocoso e sorridente, ricordate che per arrivare dove è arrivato non ha fatto sconti a nessuno e sarebbe passato sopra dei cadaveri.
Ora, bando alle ciance e godiamoci un disco che è di una bellezza disarmante. Era l’era di MTV e i Foo Fighters l’hanno sfruttata alla grande, sfornando dei video indimenticabili. Pur non essendo nessuno di loro dei modelli di bellezza, tutti i loro video li vedono da protagonisti perché funzionano. Sono divertenti, dissacranti. Lo è la furiosa e velocissima apripista “Monkey Wrench”, la bellissima “Hero”, nel cui video li si vede salvare innocenti da una casa in fiamme, mentre i loro doppioni suonano imperterriti la canzone in una stanza infuocata e piena di fumo. La è la bellissima e malinconica “Walkin After You”, una struggente ballata sull’abbandono dove vediamo Dave separato dalla sua amata da un insensibile parete di vetro alla quale sussurra le leggere parole di un testo sorprendente per incisività e passione. Anche “Everlong” ha il suo video, anch’essa una canzone che si distingue per spessore di arrangiamento e scrittura e ancora oggi chiude sistematicamente tutti i loro concerti, essendo una delle più apprezzate dai fan e in molti casi la più. Il disco però vive oltre i video musicali con una personalità grottesca e sfaccettata, che passa dalla dolce “Doll” iniziale, una specie di ninna nanna che dà inizio al delirante sogno musicale dell’album, che esplode anche con la furia di pezzi come “My Poor Brain”, “Wind Up”, o la dolcissima “February Star”.
Dopo vent’anni “The Colour And The Shape” è ancora vivo con i suoi colori e le sue sfumature, figlio di una volontà sovrannaturale che va a braccio con una vocazione innata del suo principale Deux Ex Machina, Dave Grohl. Un rocker che ha deciso che la musica non doveva finire come quella fiamma citata. Ha deciso che la fiamma del rock può continuare a bruciare per anni, successo dopo successo, e questo album è il pilastro portante di questa attitudine a non mollare. Nessun album successivo dei Foo Fighters ha saputo reggere il confronto nella sua interezza. Buona eternità, “The Colour And The Shape”.
Daniele Corradi