Jovanotti, 25 anni di Lorenzo 1992

Compie oggi un quarto di secolo “Lorenzo 1992” quinto album in studio di Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti.
Siamo in pieno revisionismo storico e allora forse dopo aver riabilitato 883, Vasco, Stadio e molti altri è arrivato il momento di riabilitare anche Jovanotti.

Di lui si potrebbe stare ore a parlarne bene o male senza venire a capo di nulla. Il suo modo di rappare fuori da una estetica degna del genere così come poi, anni più avanti, il suo modo di cantare imperfetto. Un personaggio schierato ma sempre politicamente corretto, mai sopra le righe.
Eppure pochi come lui hanno saputo prendere il proprio talento e spremerlo al massimo, senza mai paura di mostrare i propri limiti o di sembrare qualcosa di diverso da quello che è. Per questo Jovanotti lo si ama o lo si odia, difficile trovare mezze misure.

Il suo è certamente un fenomeno particolare e unico nella storia della musica italiana. Rapper quando ancora il rap in Italia nessuno sapesse cosa fosse. E infatti cantava in inglese, anche se un po’ maccheronico. Sempre circondato da musicisti di livello eccelso. La sua carriera, se si pensa non solo al successo di pubblico, ma alle collaborazione con artisti internazionale di livello assoluto, ha veramente dell’incredibile.
Ma non siamo qui per fare la storia del personaggio Jovanotti.
Siamo qui a festeggiare i 25 anni di un disco che a suo modo è stato storico.

“Lorenzo 1992” segna a tutti gli effetti la prima vera svolta della carriera di Jovanotti per tanti motivi. È l’ultimo disco che non arriverà mai primo in classifica ed è il primo a portare il suo nome di battesimo. Un passaggio non da poco per il ragazzino un po’ costruito con la bandana o il cappellino al contrario che vuole prendere con questo disco in mano la sua carriera iniziando forse per la prima volta a metterci veramente la faccia e anche qualcosa in più.
È il primo disco in cui Lorenzo apre la strada a tematiche sociali che accompagneranno buona parte della sua carriera da lì in avanti. Lo fa a modo suo. Con un rap scanzonato che non affonda mai il colpo fino in fondo ma non importa.

Il 1992 è un anno a suo modo importante per tutta l’Italia e questo disco ne è anche se forse in maniera inconsapevole uno spaccato importante. C’è la voglia di presentare “Il Rap” come nuovo genere emergente (ci vorranno una quindicina di anni per accettarlo veramente a livello discografico),  c’è un sacco di televisione, siamo all’alba dell’Italia berlusconiana. C’è una canzone che parla di AIDS e dell’utilizzo del preservativo. C’è una canzone di denuncia della classe politica “Ho perso la direzione” in cui un morettiano “rossi e neri tutti uguali” potrebbe mettere Jovanotti dalla parte del populista qualsiasi. Ma siamo all’alba di Mani Pulite e riascoltata oggi questa canzone si porta dietro qualcosa di più che una mera classificazione leggera senza mordente.

È un disco che contiene tutto il Jovanotti conosciuto fino a quel momento, contaminato, leggero e festaiolo ma anche il Jovanotti che sarà, più impegnato più aperto anche musicalmente verso la Word Music.
Ci sono poi i pezzi, alcuni ancora oggi cavalli di battaglia dei suoi live come “Ragazzo fortunato” e la bellissima “Chissà se stai dormendo”.

In un 2017 che a 25 anni di distanza ha riscoperto il pop e le belle canzoni d’amore questo disco ha ancora molto da insegnare (leggi alla voce Ex-Otago, Thegiornalisti, ecc.) e da farci cantare.

Giuseppe Guidotti