Correva l’anno della messa online di Twitter, della nascita di Wikileaks, dei mondiali di calcio vinti un po’ a sorpresa dall’Italia e del tormentone del poo-popoppo-po-po-poo che ha fatto conoscere i White Stripes e la loro Seven Nation Army a molti italioti tre anni dopo la sua pubblicazione come singolo.
E mentre cambiavamo presidente affidandoci a Giorgio Napolitano e nel mondo si riaccendevano tensioni religiose di cui oggi non vediamo ancora la fine, Povia, con il brano “Vorrei avere il becco”, vinceva Sanremo mentre la top ten nazionale di fine anno contemplava i nuovi album di alcuni grandi noti quali Gianna Nannini (Grazie), Zucchero (Fly), RHCP (Stadium Arcadium) e le ormai meteore Finley (Tutto è possibile).
Fece clamore ma non scalpore il successo meritatissimo, anche commerciale, di “Ovunque proteggi” di Vinicio Capossela, mentre l’hip hop tricolore diventava sempre più mainstream, con le uscite su major di Fabri Fibra e Mondo Marcio, il ritorno in veste solista degli ex Articolo 31 J-Ax e Dj Jad di lì a poco ai ferri corti, e il secondo album dei Club Dogo. Tra le nuove proposte del genere facevano capolino nel panorama romano i microfoni di Rancore e Amir: debutto a soli sedici anni per il primo, l’inizio della carriera solista per il secondo.
All’estero il botto nel 2006 lo fa l’album “Fishscale”, uno dei migliori lavori di Ghostface Killah, mentre vengono pubblicati anche i nuovi di Justin Timberlake (FutureSex/LoveSounds = successo commerciale dell’anno), di Nelly Furtado che vince al lotto grazie alla collaborazione con Timbaland, e di Pink che col suo I’m not dead torna regina delle classifiche americane. Non ne varrebbe forse la pena, ma ricordiamo l’esplosione del fenomeno teen di Hannah Montana, il personaggio interpretato dalla futura reginetta del trash Miley Cyrus per l’omonima serie tv della Disney.
Il rock registra il successo degli Arctic Monkeys (Whatever People Say I Am, That’s What I’m Not), la conferma dei Muse (Black Holes And Revelations) e la consacrazione a fenomeno emo-globale dei My Chemical Romance che con la loro The Black Parade se la fanno e se la mangiano visto che di lì a qualche anno il gruppo si scioglierà.
Trovano posto anche l’omonimo dei Pearl Jam freschi di nuova casa discografica con la spaccaclassifiche “World wide suicide”, il Boss col suo “The Seeger Sessions” mentre agli antipodi del genere sboccia la moda metalcore nel cui book vengono annoverate band anche diverse come Lamb Of God, All That Remains, Rise Against e Unearth mentre si fanno apprezzare anche all’estero i nostri Lacuna Coil che esportano con successo il loro Karmacode ottenendo un’eco senza pari per la musica metal nostrana.
Il 2006 da molti viene ricordato per l’uscita dell’ultimo lavoro dei Tool: 10,000 Days è il loro disco strumentalmente forse più difficile e appunto l’ultimo finora pubblicato dalla band di Maynard James Keenan. Il mondo indie/alternative è testimone di uscite realmente creative come “Drum’s Not Dead” dei Liars, “Ys” di Joanna Newsom, “Return To Cookie Mountain” dei Tv On The Radio e “Yes, Virginia…” dei Dresden Dolls.
Da ultimo ricordiamo l’uscita e i dieci anni di uno dei più bei dischi del millennio appena iniziato, quel Back to Black seconda prova musicale di una creatura fragile ma fortissima nelle chart di tutto il mondo e oggi ampiamente compianta che rispondeva al nome di Amy Winehouse.
Christian Jonoch