50 nuove canzoni da ascoltare se siete finti metallari

C’è chi d’estate non vede l’ora di staccare la spina e andare a divertirsi a Formentera, e c’è chi invece, preferisce spremere il massimo da queste lunghissime giornate riflettendo sul senso profondo della vita e sulle uscite discografiche dell’anno ancora in corso. Io faccio parte di quest’ultima categoria, a patto che mi mettiate nei pressi di un condizionatore (non troppo vicino, per carità, sono vecchia), che mi diate una (buona) birra, e che mi facciate ascoltare la “mia” musica.

Per chi non mi conoscesse, ma anche per chi ha vissuto sulla luna dallo scorso gennaio a oggi, ho preparato una playlist con il meglio della roba nuova che un (finto) metallaro come me deve per forza ascoltare. Non solo chitarre e blast beat quindi, ma un po’ di elettronica e un botto di quegli odiosi breakdown che fanno flippare i puristi ma che a me fanno volare (citazione non voluta, giuro), così come le melodie strappamutande. Intanto ascoltate la playlist, sotto il player vi spiegherò il perché delle mie scelte. Ma tranquilli, tra questi 50 pezzi troverete facce note, oltre a novità che spero possano folgorare voi tanto quanto lo hanno fatto con me. E no, non ci sono i Linkin Park.

Our Hollow, Our Home – Throne to the Wolves (Hartsick)
Un debutto che mi ha letteralmente steso quello degli Our Hollow, Our Home. In “Hartsick” c’è tutto, ma proprio tutto quello che piace ai finti metallari: breakdown a caso, melodie zuccherosissime, elettronica a go-go.

Full Of Hell – Deluminate (Trumpeting Ecstasy)
A volte però abbiamo bisogno anche noi finti metallari di stordirci con la violenza gratuita dei Full Of Hell. Ripetuti ascolti di “Deluminate” sono terapeutici. La cura per ogni paturnia, dato che annienta ogni capacità cognitiva.

Ulver – Southern Gothic (The Assassination of Julius Caesar)
Lo so, gli Ulver non suonano più metal da ere geologiche. Ma l’attitudine non l’hanno di certo persa, anche ora che fanno il verso ai Depeche Mode e ai Duran Duran.

The White Noise – Bite Marks (AM/PM)
I White Noise sono la mia scoperta più recente e ne vado fierissima. Tra alternative, metalcore e punk rock i texani trapiantati in California sono lì pronti a conquistare anche voi.

Eidola – Dendrochronology (To Speak, To Listen)
I più attenti conoscono bene gli Eidola almeno da un paio di anni, ma dopo questo “To Speak, To Listen” e pezzi come “Dendrochronology” ce ne ricorderemo per sempre. E poi, sono la dimostrazione che si può essere allo stesso tempo accessibili ed eclettici.

Doyle – Witchcraft (Doyle II – As We Die)
Chi invece non si sforza neanche di essere eclettico è l’ex Misfits. Ma fa bene, e al secondo full-length, pur essendo molto simile a “Abominator”, continua a divertirci con le sue simpatiche reminiscenze horror punk.

Zeal & Ardor – Devil Is Fine (Devil Is Fine)
Un progetto tanto folle quanto ambizioso quello di Manuel Gagneux, deus ex machina che si cela dietro a Zeal & Ardor. In effetti, ce ne vuole per proporre gospel e spiritual in chiave black metal. E soprattutto a farlo in modo convincente.

Zeta – Fires In the Snow (Zeta)
L’ultimo side project di Daniel Tompkins dei Tesseract è anche il più coraggioso, esplorando retrowave ed elettronica anni ’80. Ma senza dimenticare le chitarre. Per questo è presente in questa playlist (e non perché Tompkins è la mia ossessione da due anni, no no).

Fire From the Gods – End Transmissions (Narrative Retold)
Quando è il vocalist a fare la differenza: AJ Channer riesce a destreggiarsi con disinvoltura tra screaming, cantato pulito e freestyle. E non finisce qui. “Narrative Retold” non è il solito album di modern metal, ma riesce anche a convogliare tematiche sociopolitiche di un certo peso.

Palisades – Let Down (Palisades)
Mi piace definire quel particolare alternative-electronicore come biebercore. Perché? Ascoltate i Palisades e lo capirete. E dopo cinque secondi canterete tutti con me “Cause you’re a let down, let down”.

Hundredth – Neurotic (Rare)
Pur non rinnegando le loro radici, gli Hundredth si sono stancati di suonare hardcore. Anche noi non abbiamo più vent’anni, e ne abbiamo viste abbastanza dalla vita per avere un approccio più zen e per apprezzare pure lo shoegaze.

While She Sleeps – Silence Speaks (You Are We)
La svolta commerciale dei While She Sleeps non poteva non essere traghettata da uno che di fiuto per gli affari ne ha parecchio (vedi Oli Sykes). Detto questo, anche se i soliti criticoni rabbrividiscono al solo pensiero, “Silence Speaks” è una bomba.

Northlane – Citizen (Mesmer)
Così come per i While She Sleeps, anche per i Northlane il 2017 è stato l’anno della svolta “pop”. Piaccia o meno, rimane indiscutibile l’efficacia di pezzi come “Citizen”, formalmente perfetti.

Volumes – On Her Mind (Different Animals)
In un disco per molti versi raccapricciante, salvo con piacere questa “On Her Mind”, che sussurrerà parole suadenti a chi, come me, è stato giovane nei primi Duemila.

Papa Roach – Help (Crooked Teeth)
Un discorso simile vale anche per i Papa Roach, che hanno buttato fuori un lavoro molto nostalgico di quelle sonorità che hanno fatto la fortuna di Shaddix e soci una quindicina di anni fa.

Pallbearer – I Saw the End (Heartless)
Quando si tratta di qualità, però non si discute. Qui non ci sono ritornelli catchy, ma palate di emozioni e di tecnica che non possono lasciare indifferente nessuno. Neanche un finto metallaro.

Loathe – It’s Yours (The Cold Sun)
Sono proprio incazzati i Loathe, per questo li adoro. Ma apprezzo anche la loro nonchalance nell’esplorare territori che vanno ben oltre il metalcore, come l’hardcore, il djent e il black metal.

Machines of Man – Fractals (Dreamstates)
Finalmente il progressive metalcore è di moda, e quindi ci sono sempre più ragazzi (tutti bravissimi) che lo suonano. Vedi i Machines of Man, che seppur con qualche limatura da considerare, lasciano il segno già dal debutto.

Stone Sour – Fabuless (Hydrograd)
La scelta di questo pezzo può essere riassunta al meglio dalla citazione della citazione “It’s only rock and roll but I like it”. Il brano più bello di un disco molto atteso, ma non all’altezza delle aspettative.

Chon – Berry Streets (Homey)
Se non vi spaventano i brani strumentali tuffatevi a capofitto nel nuovo lavoro dei Chon. E se da bravi finti metallari adorate segretamente ambient ed elettronica, un pezzo come “Berry Streets” non potrà non dirvi nulla.

White Ward – Futility Report (Futility Report)
Lunga vita al post-black metal, che ci sta regalando emozioni sempre più forti e diventa sempre più audace di mese in mese. L’ultima trovata è il sassofono dei White Ward, e ci sta da dio.

Miss May I – Lost In the Grey (Shadows Inside)
Pur trattandosi di un disco per nostalgici del vecchio metalcore, qualche brano che spicca (tipo “Lost In the Grey”) c’è. Questione di cuore se i Miss May I sono qui dentro.

Coltsblood – The Legend of Abhartach (Ascending Into Shimmering Darkness)
Ma tranquilli, qui non è solo nostalgia: quando c’è da pestare pesante, sono la prima a buttarmi nella mischia. Soprattutto se parte lo sludge-black-funeral doom dei Coltsblood.

Ocean Grove – The Wrong Way (The Rhapsody Tapes)
Niente da fare. Ogni band che anche solo da lontano mi ricorda i Limp Bizkit (o anche solo nel titolo di una canzone) mi conquista subito. Come “The Wrong Way” degli Ocean Grove.

Incendiary – Front Toward Enemy (Thousand Mile Stare)
Un approccio diretto come quello della formazione hardcore newyorchese è tutto ciò che conta per farsi notare anche da chi di hardcore non ne mastica tutti i giorni.

Tigerwine – Spit (Die With Your Tongue Out)
Quanto sono malati i Tigerwine? Molto, ed è il più grande complimento che possa fare loro e alla loro proposta schizzata tra post-hardcore, grunge e alternative.

Royal Thunder – April Shower (Wick)
Non sono mai stata una fan sfegatata dell’hard rock, ma questo pezzo dei Royal Thunder mi è rimasto appiccicato in testa fin dalla prima nota. Poi quando attacca la frontwoman Mlny Parsonz, è per sempre.

Wear Your Wounds – Best Cry of Your Life (WYW)
Un’uscita che i fan dei Converge non si possono perdere per nulla al mondo. Jacob Bannon continua ad ammaliarci con le sue distorsioni e il suo post-rock e gliene siamo grati.

sleepmakeswaves – Tundra (Made of Breath Only)
Ricordate quella birretta ghiacciata di cui vi parlavo (molto) sopra? Bene, aprite il frigo, stappatela, accomodatevi sul divano, abbassate le luci e godetevi il post-rock degli sleepmakeswaves.

Counterfeit – For the Thrill of It (Together We Are Stronger)
Parafrasando il titolo del disco, l’unione fa la forza, quindi poghiamo tutti insieme e freghiamocene se chi canta è l’idolo delle ragazzine Jamie Campbell Bower.

Deez Nuts – Discord (Binge & Purgatory)
La formula dei Deez Nuts è piuttosto logora, ma gli australiani sono ancora capaci di fare pezzi interessanti ricalcando le loro stesse orme che li hanno portati al successo anni orsono.

Without Waves – Fractals (Lunar)
Qualche mese fa avevo promesso che avreste ancora sentito parlare dei Without Waves e del loro math-progcore entro fine anno. Bene, qui mantengo il mio impegno perché sono una donna di parola.

Dodecahedron – Hexahedron – Tilling the Human Soil (Kwintessens)
Il black metal dei Dodecahedron non è da tutti. Se questa premessa non vi fa paura, mi ringrazierete a vita per averveli segnalati.

Emmure – Flag of the Beast (Look at Yourself)
L’ultimo lavoro degli Emmure non è un granché, ma il ritmo sincopato di “Flag of the Beast” è praticamente impossibile da togliersi dalla testa. Invecchia il deathcore, ma invecchiamo pure noi.

Anathema – Springfield (The Optimist)
E siamo pure diventati grandi abbastanza per non addormentarci ascoltando gli Anathema, e per capire fino in fondo (o per lo meno, per provare a capire) la poesia di pezzi come “Springfield”.

The Northern – Ataraxia (Solstice)
Atarassia è sinonimo di imperturbabilità. Una delle parole più belle che conosca e una condizione a cui aspiro da sempre. Detto questo, i The Northern e il loro (progressive) metalcore sono una delle scoperte più interessanti del 2017.

Power Trip – Firing Squad (Nightmare Logic)
Il secondo disco dei Power Trip ha fatto vittime anche tra chi è sicuramente più metallaro di me. Quindi che ve lo dico a fare, ascoltatevi “Firing Squad” e iniziate a scapocciare.

Shattered Skies – The Reprisal (Auxilium // Vol I)
Un EP molto interessante quello dei Shattered Skies, all’interno del quale spicca per appiccicosità catchy questo gioiellino progcore.

Frank Carter and the Rattlesnakes – Neon Rust (Modern Ruin)
(Quasi) tutto quello che tocca Frank Carter diventa oro. Di certo il suo impegno con i Rattlesnakes sta pagando, e molto bene. “Modern Ruin” è tra i dischi alternativi più acclamati dalla critica dell’anno corrente.

Starset – Ricochet (Vessels)
“Vessels” degli Starset è un lavoro un po’ troppo prolisso. Fosse stato più breve, sarebbe rimasto a lungo nella mia library, ma in ogni caso, la maggior parte dei pezzi che lo compongono (vedi “Ricochet”) sono validi esempi di metalcore moderno. Autotune incluso.

Pain of Salvation – On a Tuesday (In the Passing Light of Day)
Un percorso spirituale e di crescita. Vita e morte, gioia e dolore. Insomma, “In the Passing Light of Day” è un gran album. A partire dalle riflessioni sussurrate in chiave prog di “On a Tuesday”.

Incubus – Nimble Bastard (8)
La freschezza che si legge in “Nimble Bastard” degli Incubus non si trova tutti i giorni. E i Nostri non sono neanche più dei ragazzini, nonostante si conservino egregiamente.

Nine Shrines – King of Mercy (Misery)
Con i corettoni di questo singolo, i Nine Shrines promettono di avere molto da dire con il loro buon mix di metalcore e alt rock. Speriamo mantengano la parola in futuro.

Voyager – Ghost Mile (Ghost Mile)
Volete un’ulteriore dimostrazione che per fare prog si può anche essere leggeri e spensierati senza troppe seghe? Prendete “Ghost Mile” e dedicategli numerosi ascolti.

Ghost Bath – Thrones (Starmourner)
Che siano benedetti gli Astronoid e il loro album del 2016,“Air”. Grazie a loro infatti la scena post-black ha iniziato ad assumere uno spessore che prima, a quanto mi risulti, non aveva. Tra i top della nicchia quest’anno mettiamo i Ghost Bath.

Create To Inspire – Recluse (Sickness)
Ho più volte descritto “Sickness” come un disco post-hardcore standard. Badate bene, lo è, ma il potenziale i ragazzi ce l’hanno eccome, e lo dimostrano con il mood di alcuni brani. Uno su tutti “Recluse”.

Killset – Killers in the Pit (S.T.F.U.)
Fresco fresco di stampa questo disco dei Killset, che contiene il singolone “Killers in the Pit”, un inno a cavallo tra revival nu metal e rapcore alle botte sotto palco.

Elder – Sanctuary (Reflections of a Floating World)
Ho messo i Pallbearer in questa playlist, vogliamo dimenticarci degli Elder e del loro progressive doom/stoner? Assolutamente no.

Lorna Shore – Fvneral Moon (Flesh Coffin)
Il blackened deathcore è qui per restare. Sulla scia dei Carnifex (e di molti altri dopo di loro), quest’anno tocca ai Lorna Shore ad essere “trve”. Lo so, detto così fa abbastanza ridere, ma date un ascolto a “Fvneral Moon”.

Code Orange – Bleeding In the Blur (Forever)
I Code Orange sono il fenomeno post-hardcore dell’anno. Che sia giustificato o meno l’hype dietro a “Forever”, ciò non toglie che all’interno del lavoro di questi giovanissimi ci siano dei pezzi più che memorabili. Vedi “Bleeding In the Blur”.

Chiara Borloni