Gli Alter Bridge sono composti dai tre quarti dei Creed, uno dei gruppi che ha venduto più album a cavallo tra la fine degli anni ’90 e i 2000, con alla voce il cantante dei Mayfield Four, Myles Kennedy, che li aveva accompagnati in qualche data del tour americano. Ma di loro non si è mai parlato né come di un supergruppo né tantomeno come di un progetto, bensì di band vera e propria. Mark Tremonti ha scelto di scendere dal piedistallo e di partire da zero, fondando gli AB proprio su ciò in cui i Creed deficitavano: la credibilità live. Agli infiniti tour in tutto il mondo, i Nostri alternano album di fattura costantemente sopra la media, mentre in alcuni casi si può addirittura parlare di veri capolavori dell’alternative metal moderno.
Diamo uno sguardo alla discografia degli Alter Bridge dal 2004 ad oggi.
One Day Remains (2004)
Un riff che è un macigno apre l’album con “Find The Real”, e una voce con tonalità alla Eddie Vedder, picchi alla Chris Cornell e sensibilità richiamanti il mitologico Jeff Buckley,presentano al mondo gli Alter Bridge, che con “Open Your Eyes” si piazzano nelle classifiche rock di tutto il mondo. La Wind Up Records produce l’album nel 2004 e le recensioni sono in conflitto. Chi urla al miracolo, chi li etichetta come ennesimo lavoro trascurabile dell’heavy con velleità melodiche. Ma One Day Remains è una raccolta di pezzi giganteschi di una band piena di talento, anche se ancora senza una precisa identità. Quindi si limita, per modo di dire, ad unire riff potenti e arpeggi suadenti, parti vocali piacevolissime rese indimenticabili dall’interpretazione di Kennedy, assoli (ancora affidati interamente a Tremonti, ma più avanti Kennedy irromperà anche in questo versante) il tutto amalgamato dalla collaudatissima sessione ritmica Marshall/Philips. Anche il singolo “Broken Wings” si piazza bene in classifica ed è tutt’oggi un classicone della band, accompagnato nel disco dalla ballatona “In Loving Memory”, dalla violenta “Metallingus” – ancora oggi uno dei cavalli di battaglia nei live della band, le potenti “Watch Your Words” e i cambi di tempo della title-track. L’album di esordio lascia presagire un cammino molto lungo e prolifico e dopo dodici anni regge ancora l’ascolto e fornisce le setlist della band di brani entrati nel cuore dei fan, per cantare, saltare e sudare sotto il palco.
Blackbird (2007)
Anche i detrattori a questo punto devono ricredersi. Gli Alter Bridge compongono un capolavoro. C’è tutto in questo disco, che si apre con una sfuriata di meno di tre minuti in “Ties That Blind”, continua con le efficacissime “Buried Alive” e “Coming Home”, per poi rincarare la dose con “White Knuckles” e “Rise Today”, il primo singolo. Alle classifiche hanno dato in pasto “Before Tomorrow Comes”, con il suo ritornello da cantare a squarciagola. Ma questo album non ha pause, momenti morti o cali di tensione. La rottura con la Wind Records e la firma con la Universal è un chiaro messaggio della band, che non vuole essere definita come “i Creed con un altro cantante”, ma vuole emanciparsi e lasciare sfogare al meglio le immense capacità dei propri membri.
La ballata “Watch Over You” ha sciolto il cuore dei fan più duri, mentre la title-track è la prova dell’incredibile crescita della formazione come entità unica. Myles Kennedy a questo punto compone a quattro mani con Tremonti, suona la chitarra e la sua notorietà è finalmente in ascesa. Diventa cantante fisso degli album e dei tour di Slash e addirittura si vocifera di un progetto con i Led Zeppelin, dove avrebbe dovuto sostituire niente meno che Robert Plant alla voce, di cui però non si fece più nulla.
“Blackbird” rimane probabilmente ad ora il punto più alto della discografia degli Alter Bridge.
ABIII (2010)
Dopo l’exploit compositivo di “Blackbird” gli Alter Bridge annunciano un progetto più cupo e pesante, che avrebbe dovuto essere un concept album, ma che alla fine si attesta come un lavoro granitico con buonissimi pezzi e molti riempitivi, sempre attenendosi all’altissimo livello raggiunto di qualità in tutti gli elementi compositivi, ma con una battuta di arresto nell’evoluzione tecnica. “ABIII” riceve consensi unanimi dalla critica, già a partire dal singolo di lancio e di apertura dell’album, “Isolation”, che come da premesse affronta temi oscuri ed è molto pesante per essere un primo estratto. Ovviamente i quattro non fanno mancare il singolo da classifica, che arriva con “Ghost Of Days Gone By”.
L’album si snoda attraverso interessanti prove heavy metal quali “Still Remains” e “I Know It Hurts”. Non manca la ballata: l’erede di “Watch Over You” è “Wonderful Life”. Si contano però troppi riempitivi e la mancanza di una direzione precisa e costante. “Breathe Again” e “Life Must Go On”, ad esempio, sono brani di fattura più che pregeole, ma sembrano capitati all’interno dell’album per caso.
“ABIII” viene portato in tour per tutto il mondo e un importante live ufficiale celebra la sua riuscita: “Live At Wembley”.
Fortress (2013)
La storia si ripete e dopo una battuta di arresto ecco un’evoluzione. “Fortress” viene dopo lo sdoppiamento di molti dei musicisti in altri progetti, dalla reunion dei Creed alla nascita del nuovo percorso solista di Mark (“Tremonti Project”), all’impegno estenuante di Myles nella scrittura, registrazione e presentazione on the road degli album di Slash insieme ai The Cospirators. Questo quarto album degli Alter Bridge si pone di conseguenza come rottura di questo contesto e finalmente il quartetto produce un lavoro che mai come adesso si avvicina al concetto di opera metal. Un suono pesantissimo, oscuro, con un’altra title-track da urlo che raccoglie l’eredità della bellissima “Blackbird”.
“Addicted To Pain” è il singolo scelto come apertura live del tour ed è anche il primo brano estratto. Si apre con l’imperiosa “Cry Of Achilles”, la suadente “Lover”, la tooliana “The Uninvited”. C’è spazio per la melodia in “All Ends Well”, mentre il momento di ispirazione compositiva è clamoroso in tracce come “Calm The Fire”, “Water is Rising” – dove Tremonti duetta in lead vocal con Myles dopo l’esperimento in ABIII di “Word Darker Than Their Wings” – ed infine nella stupenda title-track.
“‘Fortress”, se pur di poche spanne indietro all’irraggiungibile “Blackbird”, si attesta tra i momenti più ispirati della carriera degli Alter Bridge, e lascia presagire il concepimento dell’opera massima, quel concept album che li innalzerebbe a maestri del genere e all’immortalità nella storia della musica. Questo passo, purtroppo, con il seguente “The Last Hero” non avviene.
The Last Hero (2016)
Tremonti pubblica il terzo album del suo progetto con “Dust”. Myles saluta per un tempo indefinito Slash, che ricompone i Guns N’ Roses e pubblica una foto in cui festeggia la fine della registrazione del suo album solista che assieme a quello dei Tool esiste solo nella realtà alternativa dei sogni proibiti dei rispettivi fan.
L’aspettativa, dopo l’acclamato “Fortress”, è alle stelle e nell’era dei lyrics video gli Alter danno in pasto ai fan la convincente “Show Me A Leader”, la power ballad “My Champion”, “Poison In Your Veins” e l’oscura “Other Side”. Il suono di questo ultimo lavoro allontana le pretese e i desideri del pubblico e si avvicina al mancato concept di “ABIII”, con canzoni sempre di altissimo livello compositivo e che funzionano tutte benissimo, pur limitandosi a consolidare uno status di una band che ha faticato a farsi una posizione di prestigio all’interno del mercato musicale, frenata dalle proprie convinzioni e dallo scarso appoggio di etichette poco lungimiranti. Anche qui si conferma la presenza di una title-track che spicca per qualità e varietà, dell’immancabile ballad “You Will Be Remembered” e di alcuni brani (talvolta filler) energici e convincenti come “Losing Patience”, “Island Of Fools” e “Crows On a Wire”. Le etichette questa volta sono la Caroline Records per Stati Uniti e Canada e la Napalm Records per il resto del mondo, a conferma di una discontinuità di produzione che ha pesato parecchio in una carriera musicale di altissimo livello ma che continua a sfiorare la magnificenza.
Daniele Corradi