Comincia lunedì il nuovo tour italiano dei Dream Theater. I paladini del prog metal saranno dalle nostre parti per diversi concerti in cui proporranno per intero il leggendario Images And Words.
Ma a dire il vero la discografia della band è talmente varia, particolare e differenziata che servirebbero diverse serate consecutive per potersela gustare al meglio. Molti non saranno d’accordo, ma il dato di fatto è che il gruppo di Petrucci e LaBrie (e ovviamente di Mike Portnoy) è tra i pochi a credere ciecamente sia al vecchio materiale, sia al nuovo. Pur potendo attingere da un bacino di hit assurdo e da lavori griffati anni Novanta praticamente inattaccabili, i DT hanno spesso dato spazio alle release dei Duemila per scelta, riuscendo nel tempo a solidificare una fan base già affezionata e fedele prima, diventata enorme anche nel nostro Paese.
Per una volta non parliamo di best of vero e proprio, ma di quei pezzi noti certamente agli aficionados ma talvolta sottovalutati/dimenticati anche da chi li segue con costanza (o dalla band stessa). Tre sono necessariamente estratti da Images & Words, il resto è una selezione piuttosto personale da ammiratore piuttosto che “fan incallito”, che in ogni caso ribadisce come questo gruppo di canzoni eccellenti ne abbia scritte veramente un sacco. Unica discriminante il non includere brani inediti usciti dal 2007 a oggi.
Dream Theater, una playlist con le loro migliori canzoni (e qualcos’altro)
Ytse Jam – Il loro primo album se lo filarono in pochi, ma aveva già dentro parecchi elementi interessanti. Questo è uno dei loro pezzi migliori di sempre.
Under A Glass Moon – Personalmente è il mio brano preferito. Contiene ogni cosa che mi gasa di loro e, sono d’accordo, è parecchio conosciuto e forse non doveva stare qui dentro.
Wait For Sleep – Quando su un disco hai già due ballate che ti faranno svoltare, un’altra gemma del genere può solo rischiare di essere dimenticata. Ecco, non dimenticatevela.
Scarred – Awake è probabilmente l’album perfetto (e nettamente meno commerciale rispetto a Images & Words) dei Dream Theater e, forse, del progressive metal novantiano tutto. Difficile isolare episodi, ma questa canzone e quella dopo sono ben oltre il concetto di divinità.
Space-Dye Vest – Il pezzo di Kevin Moore. Inutile alcuna parola nel descriverla, toccante oltre ogni limite.
A Change Of Season – Una suite lunga più di 20 minuti dal potenziale emozionale inaudito. Non riusciranno più a fare qualcosa di simile, anche se continueranno per sempre a fare pezzi lunghi (e anche discreti).
Just Let Me Breathe – Falling Into Infinity fu infamato oltre ogni limite all’epoca, ma personalmente lo ritengo uno dei loro lavori più coerenti nel tentativo di ampliare un’audience che stava iniziando ad andare loro stretta. Questa è parecchio metallozza rispetto ad altre, cosa che se non si fosse capito non mi dispiace affatto.
Finally Free – Il loro disco “ultimo” secondo i più (da Six Degrees Of Inner Turbulence in poi sostanzialmente i Nostri si ripetono, bene spesso, ma si ripetono) si conclude con un capolavoro assurdo, in grado di farmi scoppiare in lacrime ogni volta che LaBrie entra con “One Last Tiiiiiime”. La coda è semplicemente superba.
The Test That Stumped Them All – Una fucilata devastante, specialmente dal vivo.
This Dying Soul – Train Of Thought è stato criticatissimo per la sua pesantezza. Ma i pezzi che ci sono dentro hanno un potenziale altissimo.
These Walls – Octavarium segnò il ritorno verso il prog-rock propriamente inteso. Forse più per un discorso di “età” che altro. Rimane comunque un lavoro interessante e vario, These Walls è l’episodio che preferisco.
Metropolis (w/ Orchestra) – La celebrazione dei vent’anni si conclude con uno dei loro inni più amati. E “chissoio” per non mettervela?
Paolo Sisa