A pochi mesi dall’uscita di “The Hope Six Demolition Project”, suo ultimo lavoro in studio, PJ Harvey torna in Italia Live per due date: il 23 ottobre all’Alcatraz di Milano e il 24 ottobre all’Obihall di Firenze.
Nell’attesa di rivederla in concerto scaldiamo i motori riguardandoci i video di 10 tra le sue canzoni più iconiche.
Una selezione per nulla facile e scontata dato che siamo stati costretti a lasciare fuori brani clamorosi, ma anche questo è il bello di Polly Jean: la sua capacità di reinventarsi e di farlo sfornando sempre album di livello eccelso.
“Dress”, 1991
Un inizio col botto, da perfetta sconosciuta. Nell’ottobre del 1991 ottiene la possibilità di pubblicare un singolo e non spreca l’occasione con “Dress” che farà letteralmente impazzire la critica più attenta e le darà la chance di registrare, pochi mesi dopo, il suo primo vero album.
https://www.youtube.com/watch?v=QySwGXrpHzw
“Sheela-Na-Gig”, da “Dry”, 1992
Primo album e prima pietra miliare.
Se ne potrebbero scegliere almeno tre di pezzi clamorosi, ma “Sheela-Na-Gig” in versione Reading con tanto di pubblico impazzito vale la pena di essere vista e ri-vista.
“Rid of me”, da “Rid of me”, 1993
L’anno della consacrazione, in 12 mesi sforna due album (anche se il secondo: 4 track demos, non verrà considerato un vero e proprio nuovo album), che entrano di diritto nella storia del rock.
La title track sancisce la nascita dello stile irriverente che accompagnerà per un decennio la carriera di Polly.
“The Dancer”, da “To Bring You My Love”, 1995
Uno dei momenti artistici più alti della carriera di Polly Jean, un album composto da dieci canzoni che sono dieci perle. Basterebbe questo album per riempire questa classifica ed è davvero dura escludere brani come “To Bring you My Love” o l’arcinota “Down by the Water”. Ne scegliamo due: “The Dancer”, ultima traccia dell’album, probabilmente il lento più bello mai composto dall’artista inglese.
“Meet Ze Monsta”, da “To Bring You My Love”, 1995
Quando nel medesimo album riesci a far piangere, ridere, urlare di rabbia e rilassare l’ascoltatore allora hai scritto un gran album. “Meet Ze Monsta” è la perfetta contrapposizione a “The Dancer”.
https://www.youtube.com/watch?v=Ij7oehgCbVw
“A Perfect Day Elise”, da “Is This Desire?”, 1998
Il primo inaspettato cambio di rotta di PJ. Un ingresso violentissimo dell’elettronica nelle canzoni, prima di allora mai considerata, ed un cambio di songwriting deciso. Un album mai capito fino in fondo, probabilmente troppo “avanti” per quegli anni o, forse, vittima della ricerca di nuove sonorità che alla vigilia del 2000 ha pervaso la carriera di molti artisti e gruppi. Sta di fatto che “A Perfect Day Elise” entra nei cuori di tutti: fan delusi e fan entusiasti.
“This Is Love”, da “Stories from the City, Stories from the Sea”, 2000
Un piccolo passo indietro, che diventa un passo da giganti in avanti. Se “To Bring You My Love” è un capolavoro, “Stories from the city, Stories from the sea” non è da meno e anche in questo caso, la violenza che dobbiamo farci è quella di non rendere la classifica monotematica. “One Line, Good Fortune”, e le collaborazioni con Tom Yorke dei Radiohead su “Beautiful Feeling” e “This Mess Where In” sono chicche che sacrifichiamo per “This Is Love”, uno dei brani più iconici di PJ Harvey.
“Big Exit”, da “Stories from the City, Stories from the Sea”, 2000
Un testo attuale oggi più che mai. Un ritmo travolgente e un timbro vocale che è un marchio di fabbrica. Spetta proprio a “Big Exit” l’onere di essere la traccia di apertura del quinto album in studio di PJ Harvey e come da consuetudine consolidata le canzoni di PJ sono fotografie istantanee del momento storico nel quale sono nate e vivono.
“Who The Fuck?”, da “Uh Huh Her”, 2004
C’è aria di cambiamento nell’aria, ma “Uh Huh Her” in definitiva prosegue sul solco degli album precedenti, con una Polly Jean in versione rock in forma come non mai. “Who The Fuck?” rappresenta probabilmente il canto del cigno della PJ più “hard”, che dopo un decennio cambierà decisamente e definitivamente (?) direzione artistica.
https://www.youtube.com/watch?v=AzI1F7LwGdM
“When Under Ether”, da “White Chalk”, 2007
Una canzone che arriva dritta al cuore in 2 minuti scarsi di piano e voce. Ecco la nuova PJ Harvey, di bianco vestita e senza distorsioni. Se nei sucessivi “Let England Shake” (2011) e “The Hope Six Demolition Project” (2016), la chitarra ritornerà, nulla sarà più come prima e “When Under Ether” sancisce l’inizio del secondo capitolo della carriera artistica di Polly Jean.
Mathias Marchioni